venerdì 29 ottobre 2010

..:: Fratellastri a 40 anni ::..

Titolo: Fratellastri a 40 anni (Step Brothers)
Regia: Adam McKay
Anno: 2008
Genere:  Azione

La trama in breve:
Nancy e Robert si incontrano a un convegno. È amore a prima vista e lei decide di andare a vivere da lui. Ma i due non sono proprio giovanissimi e hanno due figli sulla quarantina che vivono ancora a casa con mamma e papà. Brennan, il figlio di Nancy, ora deve trasferirsi e andare a condividere la camera con il ‘fratellastro' Dale che non è per nulla intenzionato ad accoglierlo con il sorriso sulle labbra. I due si ostacoleranno con tutti i mezzi possibili fino a quando non troveranno un nemico comune nel fratello minore di Brennan, decisamente molto diverso da loro. (fonte mymovies)
Il mio commento:
Non siamo di certo di fronte ad un film capolavoro, diciamocelo. A dire il vero non so bene per quale ragione io abbia deciso di vedere quest'ennesima fatica di Will Ferrell ma oramai l'ho fatto. E ve ne parlo pure...
Speravo che questo "Fratellastri a 40 anni" fosse un tantino meglio, ecco. Non mi sento di stroncarlo brutalmente come invece è avvenuto su mymovies, ma nemmeno di elogiarlo come potrebbe sembrare venga fatto su imdb (dove Step Brothers ha conquistato un onesto 6,7).
Ad ogni modo, concordo con altre recensioni che si trovano in rete: seppure l'idea poteva consentire sviluppi interessanti, e nonostante la squadra fosse più o meno rodata (Adam McKay, Will Ferrel e John C. Reilly hanno collaborato già in altre produzioni) il film non decolla, risultando piuttosto sconclusionato e deludente.
Ci sono un po' di gag interessanti ma, purtroppo, mancano quel mordente, quell'incisività e quella coerenza che avrebbero potuto renderlo decisamente interessante. Alcune trovate discrete, va detto, ci sono, soprattutto nel finale, quando assistiamo ad una serie di brevi trip mentali che ognuno dei personaggi principali sperimenta sull'onda delle emozioni scatenate dalla voce angelica di Brennan (Will Ferrell) mentre canta "Con te partirò". 
L'idea di portare in scena due bambinoni, idioti e scansafatiche,  cioè Brennan e Dale, poteva poi venir sfruttata per condannare certi stili di vita moderni, facendo da specchio ad una certa immaturità che fugge le responsabilità verso se stessi e il prossimo in favore di un divertimento disimpegnato a 360 gradi. Peccato però che l'intento non riesca e che, fondamentalmente, tutto si risolva con una serie di eventi  (non troppo connessi e sequenziali) in cui vengono messi a confronto due modi di vivere: quello adulto, nel quale  la realizzazione personale si raggiunge attraverso il lavoro e il guadagno, e quello "volutamente" infantile, che riversa ogni scintilla di energia ed entusiasmo unicamente nel gioco e nel divertimento scanzonato. 
In quest'ultima sfera finiscono anche, badate bene, le velleità artistiche dei due strampalati protagonisti:  i fratellastri vogliono infatti fondare una compagnia internazionale in grado di organizzare eventi e concerti. Strano a dirsi ma questo è probabilmente uno degli elementi che, nel film, finisce per non venir contestualizzato: sarà per colpa dei numerosi reality show / talent show, che tentano di sfornare musicisti, ballerini e cantanti, e che probabilmente ci hanno già plagiato, ma per qualche strano motivo l'ambizione artistica dei nostri non appare come un capriccio infantile da cui prendere le distanza ma come qualcosa di "accettabile". In pratica, c'è modo e modo di essere dei bambinoni: se lo sei, ma guadagni milioni di euro o dollari all'anno, va bene; altrimenti sei un fallito perdigiorno che grava sulle spalle di famiglia e società. Un po' come appare nel considerare dove risieda l'importanza del "lavoro" di Derek, per il quale sia Brennan che Dale si ritrovano a lavorare: il party. Altro che professionalità, contratti, studi, tecnica...
Un'altro spunto di riflessione va poi alla famiglia in sè e a come sia complicato gestirla. Soprattutto quando non ci si trova di fronte ad un nucleo "ordinario" e ben definito ma si mescolano invece elementi e persone appartenenti a famiglie diverse, fratellastri e genitori che cercano di ripartire costituendo una nuova famiglia. Cosa che, parlo anche per esperienza personale, non è affatto facile e che può venir affrontata in svariati modi. Addirittura rifuggiandosi in comportamenti come quelli di Brennan e Dale, quasi un rifiuto a diventare come quelle persone che hanno determinato fratture e/o dolore.
Analogamente, un grosso interrogativo che i due pongono è: come caspita si fa a diventare adulti? Chi insegna a crescere e determina io raggiungimento dell'età matura? 
E, ancora, bisogna per forza omologarsi alla massa? Perchè invece l'originalità e la spontaneità devono venir represse o condannate? Che, in pratica, è quel che accade ai protagonisti: incompresi e bollati come nerd sfigati finiscono per venire messi all'angolo da chi è più adulto (o dalle nuove generazioni...).
Peccato però che tutto questo scivoli via molto blandamente, con qualche fugace accenno lasciato ai fin troppo comprensivi e permissivi genitori dei due discolacci.
Quindi, ricapitolando, gli elementi con cui giocare per creare una commedia divertente ma anche coinvolgente c'erano: peccato invece che qualcosa sia andato storto e che il risultato sia un film poco convincente,  quasi una visione trascinata più che sorretto solamente da alcune gag qua e là (vedasi il rapporto che consumano Dale e la moglie di Derek nella stanza accanto a quella in cui si sta tenendo un pranzo di famiglia o gli escamotage per impedire la vendita della casa in cui vivono).


 

martedì 26 ottobre 2010

..:: Astral Project ::..

Titolo: Astral Project
Sceneggiatore: Marginal
Disegnatore: Syuji Takeya
Pubblicato in Italia da: J-Pop
Anno: 2005
Numero volumi: 4

La trama in breve:
Masahiko Kogure è un giovane giapponese che, dopo aver abbandonato la propria famiglia a causa di forti contrasti con il padre, vive a Tokyo facendo da autista per escort di lusso.
Una notte, riceve una telefonata da una sconosciuta che lo informa di una terribile notizia: sua sorella Asami si è tolta la vita. Tornato a casa dai propri familiari, il ragazzo raccoglie l’ultimo cd che la giovane aveva ascoltato prima di darsi la morte e, dopo averlo ascoltato, vive un’esperienza extracorporea: sulle note delle melodie contenute nell’album - che poi si scoprirà essere un’esecuzione mai pubblicata di Albert Ayler -, Masahiko riesce a fuoriuscire dal proprio corpo sotto forma di spirito astrale.
Indagando sulla straordinaria sensazione sperimentata, ipotizzando che sua sorella potesse essere morta dopo aver  vissuto qualcosa di analogo senza poi riuscire a tornare nel proprio involucro mortale, il ragazzo inizia a raccogliere informazioni sul cd di cui è entrato in possesso e contatta Yukari Shindo, amica di Asami e autrice della telefonata, per saperne qualcosa di più sui motivi che l’hanno portata alla morte. Sembra infatti che frequentasse chat e spazi web appositamente dedicati ad aspiranti suicidi.
Una ricerca a cui si aggiunge il crescente interesse che Masahiko matura per le esperienze extra-corporee e che lo porteranno, nel corso della narrazione, a scoprire nuovi confini e dimensioni esistenziali. Sperimentando le potenzialità di un’esistenza astrale, vagabondando nel cielo notturno o per le vie di Tokyo, Masahiko sarà costretto a mettersi in gioco, a rivedere il senso profondo dell’esistenza e a confrontarsi con altri spiriti a lui affini in grado di esistere anche sul piano etereo. Tra questi ci sono Misa, una ragazza di cui finirà per innamorarsi, l’anziano vagabondo Zampanò, il mostro Melmoso e un uomo “bidimensionale” uscito da un libro di illustrazioni di Francis Bacon.
Parallelamente a tutto ciò, Masahiko verrà a scoprire dell’esistenza di un progetto statunitense denominato Astral Project al quale lavorano ricercatori e studiosi americani in collaborazione con un uomo misterioso di nome Shiga che, in passato, aveva avuto a che fare con Asami e con la quale continua ad incontrarsi.

Il mio commento:
Pubblicato e distribuito in Italia dalla promettente J-Pop, Astral Project è una mini serie costituita da 4 volumetti edita in Giappone nel 2005 che rappresenta una piccola perla nell’immenso oceano di pubblicazioni che mensilmente vengono proposte sugli scaffali di edicole e fumetterie.
Disegnato da Takeya Syuji e sceneggiato da Marginal (vero nome Garon Tsuchiya, già autore di Old Boy), il manga appartiene al genere thriller e, di certo, costituisce una lettura destinata ad un pubblico adulto. Le tematiche trattate ed il ritmo narrativo caratterizzano l’opera come un prodotto maturo, senza dubbio lontano dalle ambientazioni fantastiche e dalla concitata azione pirotecnica presente in numerosi manga prevalentemente pensati per essere consumato da un pubblico giovane.
Lo stile grafico è discreto e piuttosto efficace, migliora mano a mano che la narrazione procede, ma si assesta su un livello medio. Il tratto è deciso e ben marcato, semplice ma non troppo. Per l’uso ridotto di tecniche che fanno uso del pc, la grafica del manga sembra discostarsi da quelle di opere moderne che tendono invece a coniugare tavole particolareggiate e uno stile molto pulito ma sofisticato (penso ad esempio a Hiroyu Oka e al suo Gantz oppure a Kazushi Hagiwara, autore di Bastard!!).
Ciononostante il realismo ricreato dal disegnatore è più che convincente e impreziosito da alcuni dettagli su cui, con passione, sembra indugiare: gli album di Albert Ayler, i poster dei film di Fellini o le solitarie ambientazioni spaziali da cui Melmoso e l’”uomo” di Francis Bacon osservano la Terra sono solo alcuni esempi di tutto ciò.
La narrazione e la trattazione di tematiche profonde sopperiscono comunque all’aspetto grafico portando il lettore a riflettere sui concetti di vita, di morte, di esistenza e alienazione. Elementi particolarmente presenti e oppressivi nell’attuale società giapponese di cui, comunque, vengono presentati gli aspetti più nascosti e meno noti.
Assieme a Masahiko, un ragazzo apatico e molto distaccato, quasi insensibile alla vita e ad ogni stimolo in generale, il lettore entra in contatto con una realtà immateriale che continuamente crea tensione e inquietudine. Ogni riferimento immanente, ogni certezza materiale viene infatti messa a dura prova nello scoprire strati e strati di esistenza invisibile nel mondo etereo che, abitualmente, le persone comuni nemmeno percepiscono. La vita moderna, questa una delle denunce che lo sceneggiatore e disegnatore sembrano lanciare, porta infatti a cedere a dinamiche meccaniche e ad impulsi primordiali legati alla sopraffazione e al consumismo. I bisogni indotti dal sistema economico, la frenesia del presente, la degenerazione dei costumi, la solitudine e la pressione che la società riversa sulle persone comuni le rendono insensibili e incapaci di cogliere aspetti esistenziali che, invece, riguardano la spiritualità e alimentano la tensione verso l’assoluto che invece mai si dovrebbero ignorare.
In tutto questo, la scelta di un anti-eroe come Masahiko, un personaggio che sembra quasi alieno e inumano, più un automa privo di sentimenti e pulsioni di qualsiasi genere, anche di natura sessuale, risulta abbastanza azzeccata nel portarci via via a scontarci con aspetti della moderna realtà quali l’eccessiva dipendenza dalla tecnologia, la solitudine, la corruzione, il vizio, il degrado. Sfaccettature della società attuale che, nel bene o nel male, più o meno consapevolmente, condizionano e cambiano le persone.
Anche il fatto di scegliere due personaggi inanimati come compagni nel viaggio astrale di Masahiko può sembrare una sorta di provocazione nei confronti di quelle persone che, anziché vivere, sembrano esistere e basta. Oltre a ciò va comunque considerato che nella cultura giapponese anche gli oggetti possono venir posseduti e, in tal senso, l’illustrazione fuoriuscita dal libro di Francis Bacon nonché il mostro Melmoso – che in origine era un modellino di un otaku – non sono altro che un ammiccamento a questa convinzione. Al contempo, la loro condizione ed il loro punto di vista “inumano” risultano funzionali all’autore per introdurre riflessioni sull’evoluzione della società, sui tempi moderni e sulle dinamiche che si vanno via via imponendo mano a mano che l’uomo diventa schiavo dell’economia e della tecnologia. Si potrebbe quasi dire che, quella tratteggiata da questi due personaggi atipici, è un’umanità vista dal di fuori, dagli occhi di un alieno. Ma non per questo ne viene proposta una visione superficiale o poco acuta.
La scelta invece di una spalla come Zampanò, anziano e disadattato, con una vita ai margini della società così come quella di una giovane esuberante come Misa contribuiscono a far risaltare l’indifferenza ed il carattere  solitario ed indipendente di Masahiko il quale, tutto sommato, ha raggiunto un certo qual status sociale che gli consente tranquillità e benessere. Eppure, quella del ragazzo appare come una sorta di non vita, una perenne condizione di vuota apatia sospesa tra un mondo verso cui non prova nulla e un altro di cui ignora limiti e dinamiche.
La musica è un altro elemento che caratterizza fortemente questo Astral Project e che, per certi versi, rappresenta un fattore di novità nel contesto di un’opera nipponica ambientata a Tokyo. Non ci sono giovanissime idol né tanto meno gruppi j-rock, bensì è la musica jazz ad essere posta al centro del fenomeno  di astrazione che Masahiko, e non solo, sperimenta. Il cd che il protagonista ascolta per uscire dal proprio corpo sotto forma di spirito fa riferimento al noto jazzista Albert Ayler. Al di là di possibili preferenze musicali da parte degli autori, sembra che la scelta di inserire tale riferimento nel contesto del manga sia da relazionarsi con la capacità di alcune canzoni del noto sassofonista di evocare il concetto di solitudine, senza contare che proprio nel 2004 è uscita una raccolta contenente alcuni suoi brani inediti e che il titolo di una delle sue opere più note, Ghosts, ammicca alla condizione in cui vengono a trovarsi i corpi astrali.
L’elemento musicale, di pari passo agli accenni al pittore figurativo Francis Bacon o alle opere di Fellini – Zampanò è il nome del personaggio interpretato da Anthony Quinn ne “La Strada” – può essere visto come un tocco di eclettismo così come un invito degli autori di questo manga a cercare nuovi riferimenti, nuovi stimoli, nuovi interessi.
Anche al di fuori del contesto culturale giapponese, se non di se stessi.
A prescindere che sia possibile indurre esperienze extra-corporee o che il concetto di corpo astrale rimanga solamente una convinzione religiosa e/o filosofica di lunga tradizione, nata con Platone e affrontata in tempi più recenti anche da studiosi quali Freud e Jung, il fenomeno delle esperienze extra-corporee appare più un espediente per creare mistero e introdurre elementi occulti nella narrazione. Garantendo al contempo la possibilità di esplicitare questioni filosofiche, politiche e sociali. In fondo, proprio il liberarsi dall’involucro corporeo soggetto a vincoli terreni, ovvero l’affrancarsi da dinamiche materiali ed economiche assillanti e opprimenti, è un modo per far riflettere e provocare il lettore. Un modo efficace per modificare i suoi riferimenti e i punti di vista per portarlo ad osservare con occhi diversi la società in cui egli vive. Probabilmente il significato che questo Astral Project può veicolare cambia in base al tipo di pubblico e al contesto in cui è immerso, ma credo che alcuni messaggi e considerazioni possano considerarsi universali e valgano anche al di fuori del territorio giapponese.
Uno dei rischi moderni che viene denunciato è infatti quello di cedere alla propria sensibilità, omologando la propria personalità alle imposizioni che ci piovono dal sistema, cedendo alle pressioni che più o meno direttamente assorbiamo dal mondo esterno e che ci costringono a trovare riparo nel coltivare interessi alienanti e privi di spessore culturale. Tendenze che portano ad un certo qual appiattimento individuale e globale, ad una sorta di condizione di morte apparente da cui si può e si deve sfuggire. Astraendosi da tutto ciò per cercare sentimenti e sensazioni vitali e autentiche. Reali.

domenica 24 ottobre 2010

..:: Lodo Alfano ::..

E' dal 2008 che se ne parla ma finalmente, con enorme sollievo di molti, il Lodo Alfano è stato approvato definitivamente. Ma c'è di più, ora ha anche valore retroattivo!
Giusto per fare chiarezza riporto qui la sintesi di ciò che questa legge determina:

In sostanza, con una delibera parlamentare qualunque processo che non riguardi i reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione (per il presidente della Repubblica) o quelli commessi «nell’esercizio delle sue funzioni» (per il presidente del Consiglio) sarebbe sospeso con effetto retroattivo, e cioè anche per i processi iniziati prima dell’approvazione dell’emendamento.
Altre informazioni, le potete trovare su Wikipedia o su svariati blog e portali della rete (ad esempio su Il Nichilista).
Da notare che,  a differenza di quanto dicono, non ci allinea con la situazione di alcun altro Stato Europeo.
Oltre a ciò, definitivamente, va a modificare il senso di quella scritta che da tanto campeggia nei nostri tribunali. Se mai ce ne fosse ancora il dubbio, ora più che mai, "La legge NON è uguale per tutti".
Non lo era mai stata, ma almeno ora è ufficiale.
Ma va bene, va tutto bene. 
Va alla grandissima!
Chissà che un domani ci capiti qualcuno di molto peggiore di Berlusconi o di chi per esso, un buon Hitler che si candida al governo. Ma anche qualunque delinquente più o meno noto può andar bene: iin fondo,  il senso di questo provvedimento è questo!
Io comunque ci tengo a ringraziare tutti gli affiliati del PDL, della Lega, i seguaci di Fini e tutti coloro che si sono impegnati perchè questa schifezza di legge divenisse tale: grazie!
Grazie anche e soprattutto ad Alfano (se almeno fosse stata Graciela Alfano...) e i vari portavoce del nostro emerito psico-nano: mi chiedo quanta professionalità serva per mantenere una certa qual composta serietà nel proferire stronzate bibliche ad una nazione intera.
E poco importa se poi Napolitano si indigna o se Silvio confessa che, a dirla tutta, lui, neanche lo voleva questo lodo Alfano. Ehi...e chi cazzo lo voleva allora sta ciofeca di legge? Non mi direte che i nostri dipendenti del Parlamento votano leggi e prendono decisioni a caso? Sono responsabili del presente e del futuro di una nazione, incaricati dai cittadini di dedicarsi alla cosa pubblica, non di fare minchiate irrazionali! Ma che cazzate dobbiamo ascoltare?
Ad ogni modo, grazie, grazie a tutti.
Ora però, andatevene affanculo e toglietevi dalle palle, magari tornandovene alla vita vera, al mondo reale nel quale mai siete stati, quello in cui la gente lavora per davvero e si preoccupa di mantenere la propria famiglia, di avere una casa, un'istruzione, un'assistenza sanitaria, una pensione e così via. Altro che ville ad Antigua o a Montecarlo!
A spalare i rifiuti a Terzigno
Assieme a "Ehi, ma non era indagato?" Bertolaso !
Pensando alla scandalosa questione legata allo smaltimento dell'immondizia, alle discariche nel Parco del Vesuvio, alla puzza, all'inquinamento e alla violenza che si sta generando in questi giorni mi viene naturale un parallelo con la condizione dell'intera nazione.
Ecco cosa succede quando l'attenzione di chi è chiamato a gestire i problemi della gente finisce invece per portare avanti i propri comodi e a gestire i propri tornaconti raccontando balle e sottraendosi al proprio impegno. In soldoni: resta solo la merda, tanta merda, per chi rimane a subire le conseguenze di tanta negligenza.
Cioè noi, e i nostri figli!
Vi ricordate quel "...figlio mio // ci pensi, un giorno // tutto questo sarà tuo..." che c'è in "E' Colpa mia" dei Teatro degli Orrori?
Provo davvero una profonda tristezza e un desolante sconforto nel pensare a come si sta riducendo il nostro Paese...
Soprattutto perchè sembra impossibile che qualcosa cambi, che torni un po' di buon senso e di razionalità, di amore vero per la Nazione.
Per noi.
Allo stato attuale invece l'impressione è quella di essere solamente impotenti spettatori di catastrofi, alcune più pubblicizzate altre più segrete e nascoste (ehi, e a debito pubblico come siamo messi? E col piano energetico?).
Non ci resta altro che iniziare a cambiare noi, dal basso. Documentarci, informarci e informare, mobilitarci pacificamente per creare coscienza critica e piccoli cambiamenti.
Sarà poco, ma sarebbe già qualcosa.
E se poi anche i media ci aiutassero, forse, tutto sarebbe un po' più facile.
Indipendenza della comunicazione: se almeno raggiungessimo questo obbiettivo, magari, qualcosina inizierebbe ad andare in modo diverso.
Ci inchiappeterebbero lo stesso ma avremo in mano tutti gli elementi per capire la portata di certe decisioni e macchinazioni.
A tal proposito, riporto un video di Beppe Grillo in merito ai finanziamenti a giornali e riviste, soldi pubblici che vengono "sprecati" per mantenere un certo status quo della comunicazione. 
Tanto, quella televisiva, è già tutta pilotata.
Non ci rimane che il web.
O la nostra testa.

sabato 16 ottobre 2010

Crank 2 - High Voltage


Titolo: Crank 2 - High Voltage
Anno: 2009
Genere:  Azione

La trama in breve:
L'indistruttibile Chev è riuscito a sopravvivere alla caduta ma è costretto a scappare dai criminali cinesi che lo inseguono ovunque. In più il suo cuore è stato sostituito da una pompa artificiale che richiede di continuo forti scosse elettriche per continuare a funzionare. (fonte mymovies)

Il mio commento:
Di Crank avevo già parlato qualche tempo fa, in luglio.
Ora che finalmente sono riuscito a vederne il seguito, eccomi di nuovo a parlare delle emozioni provate nell'assistere alle frenetiche sequenze offerte dalla pellicola. Non fatevi ingannare dalle frettolosa descrizione fornita poc'anzi: seppur breve e destinato principalmente ad un pubblico di appassionati, l'ennesima fatica di Statham diverte e convince.
Il film riprende esattamente dal punto in cui le vicende si erano interrotte nel primo capitolo della serie (attenzione allo spoiler!!), quando Chev si è appena schiantato al suolo dopo una caduta di svariate centinaia di metri. Volo durante il quale ha pure avuto il tempo per lasciare un ultimo messaggio alla sua adorata Eve trovando, purtroppo, solamente la segreteria telefonica. Malgrado lo schianto, che avrebbe spappolato anche il più solido dei terminator, il nostro eroe riesce ugualmente a sopravvivere alla morte e, dopo esser stato raschiato dall'asfalto, viene utilizzato come banca organi per un potente boss della mafia cinese. 

Il suo cuore, innanzitutto, gli viene asportato dal petto e sostituito con uno artificiale per consentirgli la sopravvivenza in attesa di nuovi interventi. Ma quando gli infermieri si mettono a discutere proprio dinnanzi al suo letto sul secondo organo da prelevargli (scegliendo il pene!), il nostro si incazza come una biscia indemoniata e dà inizio al finimondo. Analogamente a quanto accadeva in Crank, anche qui Jason Statham corre, mena le mani, spara, distrugge, scopa, aggredisce, distrugge chiunque, dovunque e comunque, in una corsa forsennata e rabbiosa contro il tempo e contro chi gli ha preso il cuore. 
In soldoni, Jason Statham è una sorta di infaticabile berserk incazzato all'ennesima potenza pronto a devastare la città e chiunque gli capiti a tiro coinvolgendo chiunque si trovi di fronte. Poco importa che si tratti di poveri innocenti, criminali cinesi, gang di portoricani, poliziotti, amici, donne o quant'altro.
L'unico inconveniente sta però nel "motore" (potremmo considerarlo così, anche in relazione a certe scene in cui lo si vede mentre pompa oppure arranca) che gli batte nel petto: avere un cuore artificiale che abbisogna di continua energia elettrica per funzionare rappresenta un limite fastidioso assai, se non addirittura una tragica condanna. Se vuole rimanere in vita, l'apparecchio va ricaricato "in qualunque modo", almeno ogni ora. 
Poco importa se la scelta della fonte energetica riacde su di un pannello elettrico, sui cavi dell'alta tensione, sulla batteria di un auto, su di un taser "saggiamente" maneggiato da un poliziotto, su di un collare per cani oppure derivante dall'elettricità statica generata dalla frizione ripetuta di due corpi...ovvero lui ed Eve...all'ippodromo, davanti a 8000 persone... Dicevo, poco importa: l'importante è che sia immediato. E, possibilmente, funzionale a creare sequenze più o meno divertenti ma, senza dubbio, movimentate.
Non mancano anzi, certamente superano in quantità e qualità, le scene di nudo che si susseguono, fugaci momenti in cui compaiono seni e glutei, corpi femminili come amplificatori di emozioni e stimoli. Quasi messaggi subliminali per ravvivare l'attenzione dello spettatore (maschio), bombardandolo con stimoli languidi e sessuali. Senza dimenticare che laddove c'è potere c'è anche f$$a. Va poi segnalato che anche laddove compaiono tette al vento e donne ignude i registi riescono a proporre scene particolari e suggestive, con tecniche di ripresa e singolari posizionamenti del punto di vista (potete vederne un esempio qui).
Addirittura, nel proseguo della storia, c'è pure il tempo di imbattersi in un corteo di attori porno inferociti che protestano contro chissàchi (pubblico? major?): un probabile riferimento allo sciopero degli sceneggiatori hollywoodiani di qualche anno fa. Così come certe situazioni richiamano, credo, siparietti hard con donne pettorute armate e incavolate contro il mondo. 
Non mancano inoltre i momenti demenziali e non sense, alcuni davvero assurdi e divertenti, che talvolta  colgono l'occasione per acute frecciatine da lanciare contro il sistema. C'è ad esempio una scena, nel bel mezzo di una sparatoria in uno strip-club, un cui una procace ragazza viene colpita al seno e, beh, anzichè sanguinare perde silicone a fiumi, motivo per cui urlare e disperarsi. Oppure quando una vecchina, contro la quale Chev si è strusciato nel tenativo di "ricaricarsi", viene redarguita dal giornalista: che la intervista "...mi ha toccato dove non batte il sole.." "Eh no signora, questo troppo! In televisione non si può certo usare un linguaggio simile" "Ha ragione, mi scusi. Quel dannatissimo figlio di puttana mi ha toccato dappertutto!" (vado a memoria)
Altri siparietti invece risultano più assurdi e demenziali perchè riescono a creare uno stacco dalle vicende narrate: c'è un combattimento in stile Godzilla/Megaloman, un trip mentale tipo talk show (con tanto di partecipazione di Geri Halliwell nelle vesti della mamma del piccolo e problematico Chev) oppure il viaggio solitario di un proiettile che rimbalza di qua e di là fino a "trovare la sua vittima".
Non mi dilungo poi nell'annoverare la scia di morte e distruzione che Chev si lascia alle spalle, un bilancio che  fa apparire ridicolo il disastro scatenato dall'uragano Catrina qualche anno fa... Piuttosto credo che le riprese concitate, con cambiamente repentini del punto di vista, sottolineate da musica metallara (o quasi), amplifichino l'emozione che provoca la visione del film, un misto tra la rabbia selvaggia e una potenza primitiva a cui viene dato libero sfogo.
Ha quasi  - e lo dico seriamente - un effetto catartico e liberatorio: nel mondo in cui Jason Statham vive e si muove non esistono limiti, vincoli, inibizioni. C'è vita e basta, consumata con furia animalesca in una corsa fino all'epilogo. Dove tutti i nodi vengono al pettine e, addirittura, c'è spazio per qualche scena degna di qualche manga o anime: penso, ad esempio, che il dottor Kanzaki di ZetMan ma anche Lordgenome di Tengen Toppa Gurren Lagann troverebbero qualche somiglianza nel constatare la similitudine tra la propria condizione e la "non vita" di Verona... quest'ultimo, per chi non lo sapesse, era uno dei cattivoni del primo Crank, colui che ha avvelenato il nostro nerboruto e selvaggio protagonista con il Cocktail di Pechino e contro cui Chev stava lottando nel momento in cui si è gettato dall'elicottero. Tra l'altro, i personaggi e i riferimenti al primo capitolo della serie si sprecano. Oltra a Verona (Jose Pablo Cantillo), ritroviamo parte del cast già visto in Crank, come la sopracitata Eve (la splendida Amy Smart), il "Dottor Miles" (impersonato da Dwight Yoakam), Venus (Efren Ramirez, che ora interpreta il fratello gemello di Kaylo), nomi a cui vanno ad aggiungersene di nuovi, sia che recitino in veri e propri ruoli sia che regalino semplici camei (parlo ad esempio di Bai Ling, di Chester Bennington e dell'ormai defunto David Carradine).
Tutta gente che, a mio avviso, deve essersi divertita un mondo nel prender parte a Crank 2 ^__^
Comunque sia, se siete alla ricerca di un film "potente", non adatto ad un pubblico di minori, movimentato e adrenalinico, violento e sfrenato, con alcune scene piccanti e altre più macabre, divertente ma crudo, in una parola, devastante, allora "Crank 2 High Voltage" fa per voi. Non avrà una trama degna di un Oscar ma il divertimento e le emozione sono certamente garantite. Senza contare che la regia non è per niente piatta o monotona, anzi, sarà il ritmo concitato del film, sarà lo stile videoclip, ma le riprese e le sequenze risultano molto più convincenti e originali rispetto ad altre pellicole realizzate con budget meno limitati e appartenenti ugualmente al genere d'azione.
E pensare che volevano girarlo col bullet time...probabilmente è stato un bene: hanno finito con il dedicare maggior tempo a creare qualcosa di particolare e innovativo piuttosto che a sprecare tempo e risorse per poche riprese ad effetto.
Concludendo, Crank 2 costituisce una visione consigliatissima!!!




martedì 12 ottobre 2010

Leviathan

Titolo:  Leviathan
Autore: Scott Westerfeld
Editore: Einaudi
Genere: Fantasy - Steampunk
Pagine: 400

La Trama:
Siamo in Europa, nel 1914. Le maggiori potenze si dividono prevalentemente in due fazioni sulla base della diversa tipologia di tecnologia ed economia adottata. Da una parte le nazioni Darwiniste – ad esempio Regno Unito, Francia e Russia – nelle quali la genetica e la scienza hanno raggiunto un livello di evoluzione tale da consentire la nascita di creature sintetiche per meglio soddisfare qualunque esigenze, dal trasporto alla produzione di energia. Diversamente da loro i Cigolanti,  quali la Germania e l’Impero Austro- Ungarico, sostengono un’economia basata sul vapore ed il metallo, dove le competenze meccaniche e ingegneristiche permettono la realizzazione di imponenti mezzi corazzati.
In Inghilterra, Deryn Sharp è una ragazzina di quindici anni particolarmente portata per l’aviazione: pragmatica e schietta, grazie alla collaborazione del fratello maggiore, riesce ad arruolarsi presso l’aeronautica spacciandosi per un maschio, tale Dylan Sharp. Durante il suo primo volo come cadetto, a bordo di un Huxley – una sorta di enorme medusa ad idrogeno equiparabile ad una mongolfiera – viene sorpresa da una tempesta particolarmente violenta. Successivamente viene salvata dalle correnti aeree dall’equipaggio del Leviathan, un possente ecosistema volante a foggia di balena diretto verso Londra da cui, dopo il recupero di un’importante donna scienziato, salperà verso l’impero Ottomano per compiere una delicata missione diplomatica. Un viaggio non certamente facile, irto di pericoli e difficoltà in un contesto in cui la guerra tra darwinisti e cigolanti incombe.
In Austria, il nobile Aleksander è figlio dei sovrani dell’impero austro ungarico. Rimasto orfano in seguito alla loro uccisione in Serbia, viene messo in salvo grazie al conte Volger e al capo meccanico Klopp personalmente incaricati da Francesco Ferdinando d’Asburgo di provvedere alla salvaguardia del principe prima che finisca vittima della nobiltà o dei tedeschi. La scomparsa dei sovrani d’Austria diviene infatti il pretesto per scatenare una guerra globale di proporzioni mondiali e la sola presenza di Aleksander potrebbe risultare determinante. Per questo la sua vita rappresenta una minaccia per i piani della nobiltà austriaca e delle gerarchie tedesche: per non soccombere, si ritrova così costretto a viaggiare fino in Svizzera a bordo di un camminatore e dell’equipaggio minimo necessario a muovere la grande macchina antropomorfa.
Sarà proprio sulle Alpi Svizzere che il destino dei due ragazzi si incontrerà creando sviluppi straordinari quanto imprevisti nei delicati equilibri tra le super potenze europee mentre, sullo sfondo, la Grande Guerra inizia ad estendersi e a portare morte e devastazione.

Il mio commento:
Scott Westerfeld è senza dubbio una penna interessante: nato a Dallas nel 1963 ha già all’attivo una serie di opere di successo, quali “I diari della mezzanotte” o “Uglies”, che hanno registrato un notevole successo anche nel nostro Paese.
E questo Leviathan si presenta come un altro romanzo di particolare rilievo nell’ambito della sua produzione e, più in grande, all’interno del vasto panorama fantasy mondiale. Opera vincitrice dell’Aurelias Award come miglior romanzo Young Adult 2009, costituisce il primo capitolo di una saga steampunk e risulta senza ombra di dubbio una lettura più che valida.
L’edizione proposta in Italia da Einaudi in una versione particolarmente curata dal punto di vista della copertina e della tipologia di rilegatura e carta scelta - fattori questi che probabilmente influiscono sul prezzo non propriamente economico -, contiene numerose illustrazioni in bianco e nero realizzate dall’abile Keith Thompson. Si tratta di piccoli disegni dal tratto pulito ma ben definito, precise e piuttosto puntuali nel riproporre visivamente quanto presente nel libro, amplificando emozioni e suggestioni.
Queste costituiscono un enorme pregio dell’opera e, al contempo, esplicitano un aspetto non propriamente secondario nel determinare un giudizio complessivo sul romanzo. Seppure lo stile di Westerfeld risulti vivace, chiaro, decisamente molto scorrevole e appassionante, l’autore tende a non indugiare troppo nelle descrizioni, sia di paesaggi e ambientazioni, sia nella definizione delle macchine o degli animali di cui popola la storia. In tal senso, le illustrazioni proposte da Thompson sopperiscono egregiamente a tale mancanza, chiarendo immediatamente le visioni a cui lo scrittore mira a dare forma ma, considerando la notorietà e il consenso che Leviathan ha conquistato nel pubblico, va comunque messo in luce questa scarsa propensione all’approfondimento. Probabilmente ciò favorisce il dinamismo della lettura e la scorrevolezza della narrazione ma, per certi versi, costituisce un limite dell’opera. Soprattutto per chi si accosta a questo romanzo con un certo livello di aspettativa in termini di dettaglio e minuziosità: in fondo, un lato affascinante dello steampunk è proprio quello di saper mettere in campo macchine e soluzioni tecniche innovative, addirittura ammiccando a quei prototipi che, nel corso della storia, hanno aperto la strada alla realizzazione di tecnologie attuali.
Con queste premesse, dunque, l’opera di Westerfeld può risultare superficiale, più adatta ad un pubblico  giovane, più facilitato nell'immedesimarsi nei panni di Deryn o Alek, o che magari,si accosta per la prima volta ad un universo steampunk.
Senza dimenticare che questa lacuna la si riscontra pure nella facilità con cui, nel corso della narrazione, si evita di fornire troppe spiegazioni in merito alle tecniche genetiche e scientifiche padroneggiate dai darwinisti. O, ancora, nel tratteggiare l’Europa, ormai sull’orlo di una guerra mondiale, ma che in Leviathan, purtroppo, rimane solamente uno sfondo geo-politico funzionale alla narrazione ma, nel concreto, poco nitido e descritto.
Invece, il focus rimane principalmente concentrato sui protagonisti e, in questo senso, va detto che la loro caratterizzazione è più che buona: la loro psicologia, il modo di agire e affrontare le vicende sono bene tratteggiate. Questo vale soprattutto per Deryn “Dylan” Sharp e Aleksander a cui l’autore concede moltissimo spazio ma lo si nota anche per altri personaggi secondari, in particolare per la dottoressa Nora Barlow, il “conte dei boschi” Volger e il fido Klopp.
Tutti gli altri invece scivolano in secondo piano, molto in secondo piano, con il risultato che il Leviathan sembra sì uno straordinario ecosistema volante ma popolato e manovrato da una sparuta manciata di uomini ombra. Soldati certamente esperti e dotati di una propria personalità ma che, se raffrontati con il portentoso quanto onnipresente cadetto “Dylan” Sharp, appaiono poco meno che dei goffi principianti senza arte né parte a bordo.
Soprassedendo su questi aspetti (anche se, a dirla tutta, ce ne sarebbero altri: basti pensare all’assenza di controlli medici per i naufraghi o per l’immunità al sonno e alla stanchezza di cui godono ragazzini di sedici anni) va comunque reso merito all’autore di aver saputo confezionare un’opera molto valida. Dal punto di vista commerciale, senza dubbio, ma anche per aver saputo coniugare elementi fantastici e ucronici: l’Europa descritta ammicca fortemente a quella che, realmente, è esistita a inizio del secolo scorso. Anche la propensione verso la costruzione di macchinari da guerra costituisce un richiamo molto forte con la storia vera: basti pensare ai primi carri armati, aerei e alle altre macchine belliche che nel corso della prima Guerra Mondiale si sono avvicendati sui campi di battaglia terrestri e aerei. La contrapposizione tra Darwinisti e Cigolanti risulta poi molto ben congeniata e sembra richiamare i contrasti più spiccatamente fantasy che si vengono a creare tra elfi e nani, i primi più legati alle arti, alla natura e alla magia, i secondi più laboriosi e pragmatici, dediti lavorare i metalli per costruire macchine e armi. Ma c’è di più, perché lo steampunk di Leviathan abbandona l’elemento magico fantastico in favore della scienza, creando appunto un contrasto tra due modi di intendere l’evoluzione tecnologica. Anche se, come sembra voler suggerire attraverso gli eventi descritti, probabilmente la vera innovazione sta nel riuscire a combinare questi due modi di intendere e governare la materia. Certamente macchine poderose come i camminatori o le corazzate a sei o otto zampe offrono una solidità e una potenza irraggiungibili ma al contempo la versatilità e i doni naturali che le creature viventi possiedono rappresentano un traguardo di perfezione a cui tendere. Questi due estremi costituiscono quindi l’elemento cardine del romanzo, determinante nel delineare equilibri e psicologie dei personaggi, ma anche nell’offrire un quadro steampunk interessante e avvincente per un vasto numero di lettori. E, forse, anche per scienziati e ingegneri alla ricerca di nuovi modi di fare tecnologia e intendere il rapporto dell'uomo nei confronti dell'ambiente terrestre.

sabato 9 ottobre 2010

..:: Vuoto di Luce ::..

Vuoto di Luce, come probabilmente sapranno i più affezionati lettori di questo blog, è sostanzialmente un mio progetto letterario di genere fantasy. Anche se, considerando la tipologia di ambientazione, forse sarebbe più corretto parlare di urban fantasy.
Ho iniziato a scrivere quello che allora si chiamava "Il consacrato" nel lontano 2006 proponendolo poi su Fantasy Story e sul mio sito personale. Poi, pian piano, le dimensioni del racconto sono cresciute sino a dare corpo ad un vero romanzo strutturato che ho scritto e rivisto più e più volte grazie anche alla collaborazione di Silvia e Alessandro. Un piccolo mondo letterario in cui le vicende hanno iniziato a definirsi con più precisione e in cui hanno fatto la loro comparsa numerosi personaggi: adepti del Vuoto, seguaci della Luce, persone comuni e meno comuni, tutti ugualmente partecipi del testo che, ora, si chiama "Vuoto di Luce". Un nome suggerito da Alessandro e poi votato proprio su questo forum da voi amici frequentatori di questo mio blog.


Ovviamente, la mia intenzione è quella di riuscire pima o poi a pubblicare l'opera  per mezzo di un editore e di farla leggere e conoscere ad un pubblico quanto più vasto ed eterogeneo possibile. Di oggi e di domani.
Un obbiettivo che sto cercando di perseguire ma che, sfortunatamente, ancora non sono riuscito a concretizzare: ho infatti sottoposto la sinossi del romanzo e/o il manoscritto ad un po' di editori ma, al momento, non ho siglato alcun accordo.
Alcuni editori non mi hanno mai risposto.
Altri devono ancora farlo o, forse, non lo faranno mai.
Qualcuno mi ha risposto di no, motivando o meno questa posizione (ad esempio Rei edizioni).
Altri mi hanno proposto un contratto di pubblicazione (0111 Edizioni, Liux Edizioni).
Qualcun altro mi ha chieso direttamente un po' di denaro e via, la pubblicazione è servita. 
E infince ci sono ancora un paio di editori presso cui il testo è in valutazione e che spero possano rispondermi "ok, si pubblichi!". 
Nel frattempo mi sto comunque prodigando per far circolare l'opera attraverso il web. Una sorta di canale pubblicitario che, alla peggio, potrebbe divenire un piano B su cui ripiegare per propormi al pubblico e maturare una maggior esperienza per i prossimi testi che scriverò (...oltre al seguito di Vuoto di Luce che è già in lavorazione).
Da questo mese dichiaro quindi ufficialmente "nato" il portale Vuoto di Luce dedicato alla mia opera fantasy. ^__^
Probabilmente la grafica verrà rivista - ora come ora utilizza un tema che assomiglia a quello del mio sito personale su Altervista - ma quello che conta sta tutto nei contenuti presenti.
Il sito conterrà informazioni sul progetto da cui nasce, schede su personaggi, luoghi e altri elementi che compaiono nel corso della narrazione. Ma sopratutto propone i capitoli del mio romanzo che, con cadenza ancora da decidersi, verranno pubblicati e resi disponibili.
Non solo, il primo capitolo è già stato anche reso disponibile su eBooKingdom, pubblicizzandolo come web-book. Anche su questo portale, che mira a dare spazio ad e-book e web-book, le nuove e moderne piattaforme che andranno via via a soppiantare la carta stampata, verranno segnalati gli aggiornamenti del mio progetto.
Vi invito quindi a segnarvi questi due indirizzi e a rimanere in contatto, per seguire gli sviluppi di questa faccenda e per iniziare a leggere quanto da me proposto.
Compito nel quale sono segretamente coinvolti anche quelli dell'agenzia Torre di Carta.
Buona lettura allora e, mi raccomando, postate critiche e commenti: sono preziosi.

mercoledì 6 ottobre 2010

..:: AR. Drone ::..

Prima lezione di kung fu: oggi abbiamo ufficialmente ripreso le lezioni con l'ASD Kyushinryu.
Mentre annaspavo e sguazzavo nel mio sudore, con la gola arsa, ho avvertito distintamente la mia (infima) muscolatura inviare impulsi nervosi in direzione del cervello. Proteste, per lo più: "Te l'avevo detto di tenerti allenato! Te l'avevo detto ma tu non mi hai ascoltato!"
In effetti mi ero ripromesso di fare un po' di esercizio durante l'estate ma tra una cosa e l'altra, lavoro e calura tropicale soprattutto, ogni più ottimistico progetto è andato a farsi benedire.
Ma non dispero e non demordo: si tratta solo di rimettersi in sesto e tornare ai fasti di un tempo. 
Quale tempo ancora non lo so, ma comunque, con calma, riprenderò forma, elasticità e tonicità. Anche perchè c'era la questione passaggio di cintura da recuperare...
Nel frattempo è bene che mi concentri un po' più anche su gli altri miei progetti. Con Terre di Confine, ad esempio: ho in cantiere un paio di articoletti e devo riuscire a finirli. Anche se, a dirla tutta, per uno di questi devo attendere le risposte dai cosplayer che sto intervistanto.
Per quanto riguarda il mio romanzo...ne parlerò più ampiamente in uno dei prossimi post. E forse spammerò pure... ;-P
E' invece l'andazzo delle visite di questo blog che mi preoccupa. Almeno stando a quanto segnalato su ShinyStat, in settembre c'è stato un picco di visitatori che mi ha fatto ben sperare: già vedevo i contatori di AdSense balzare fino alla fantomatica soglia di guadagno mentre iniziavo a crogiolarmi in lascive visioni di fama e successo sfrenato.
Invece qualcosa si è inceppato e le visite sono scese...di un bel po'. Forse sono state le immagini di Megan Fox scivolate fuori dalla home page? Chi può dirlo se non il buon e saggio Giacobbo...
Mi sa che l'idea di un articolo su qualche concorso di miss maglietta bagnata non è poi da scartare. Un giusto e necessario sacrificio in nome delle statistiche di accesso a questo spazio web. 
E' una questione di principio!
...ma temo che Silvia non approverebbe per cui credo opterò per la recensione di qualche film di spessore artistico e culturale: Crank 2 High Voltage, ad esempio, attende solo il momento propizio per lasciarsi guardare dal sottoscritto.
A dire il vero mi sarebbe piaciuto parlare un po' di Inception ma, sfortunatamente, il tentativo "1" di andare a vederlo al cinema, sabato, è miseramente fallito (2,30h in prima fila non sono un buon investimento). Ringrazio comunque quei 3 simpaticoni che mi hanno inviato dei messaggi spoiler domenica dopo averlo visto.Gli stessi che sono andati a vedersi "Expandables" mentre ero in trasferta a Bologna per poi osannarlo come un capolavoro del film d'azione.
Prima o poi recupererò la visione di entrambi, più di Inception che della produzione "spara e distruggi qualunque cosa si muova e respiri, ma in ogni caso non è un problema se devasti l'intero pianeta" di Sly.
In compenso, prima di stramazzare definitivamente per la stanchezza, colgo l'occasione per fare un po' di pubblicità al sito di un amico / collega: ArDroneMania.
E' un spazio web giovane ma piuttosto dinamico, con enormi potenzialità di crescita in relazione al fenomeno AR.Drone che, pian piano, si sta diffondendo anche in Italia. Il giusto connubio tra modellismo, programmazione, passione per la tecnologia, smartphone, creatività, desiderio di volare e di esplorare lo spazio aereo (nei limiti del possibile...)
E se vi state chiedendo cosa siano questi AR.Drone di cui vado cianciando e che pian piano ci invaderanno...beh...che aspettate a visitare il sito di cui sopra? ^__^

lunedì 4 ottobre 2010

..:: Essere italiano oggi ::..

Essere italiani, al giorno d'oggi, non è affatto facile.
Solo qualche giorno fa, la notizia / polemica nata in merito all'applicativo "What Country" dove la nostra bella nazione veniva associata a pizza, pasta, scotter e mafia aveva mobilitato Michela Vittoria Brambillaper diferendere l'onor patrio. Nessuno giornalista nel frattempo ha però colto l'occasione, o per lo meno non nei pochi servizi che ho visto io, di chiedere com'è andata la stagione turistica nostrana. Bene? Male?
Visto che tutto sommato una certa difficoltà economica permane, potrebbe essere un aiutino a capire l'andazzo della nostra situazione nazionale. In fondo, leggere che solamente oggi è stato scelto un nuovo Ministro dello Sviluppo Economico (Scajola si era dimesso tempo fa...e da allora nessuno ha più saputo nulla, nè di lui, nè del ministero...) e che comunque il rapporto tra debito pubblico e PIL è ancora attorno al 6,1 % su base annua non aiutano a percepire la realtà italiana come solida.
Ma d'altra parte, almeno a sentire i telegiornali, queste non sono priorità del Paese.
Per cui, se uno vuole, queste notizie deve scovarsele, leggersele nel web, approfondirsele per conto suo. E scoprire magari scenari interessanti e inattesi a partire da piccoli dettagli o immagini fugacemente apparse qua e à come Woodstock a 5 stelle oppure la presenza di Enel in Cile mentre scivolano le immagini dei minatori cileni ancora intrappolati nel sottosuolo...
D'altra parte, principalmente l'attenzione del popolo italico è sviata da cosce, calcio, tette e notizie emotive molto più coinnvolgenti. Delitti, rapimenti, stupri, razzismo. 
Anche se, le sane lotte verbali tra dipendenti pubblici sono sempre molto remunerative in termini di ascolti. Soprattutto quando si tratta di argomenti di vitale importanza come intercettazioni e pm. 
In effetti, dal momento in cui mi sveglio, questo è il primo pensiero fisso che ho. Ma non solo io, tutti. E' come un punteruolo conficcato nel cervello che non mi da pace: sono intercettato? Non lo sono? E se lo sono, da chi sono intercettato? E perchè? E se non lo sono, perchè non lo sono? Perchè nessun pm sta cercando di intercettarmi?
Per fortuna però non sono il solo che vive con questa angoscia. Penso a Sallusti, direttore de Il Giornale (che dal 1979 è di proprietà della famiglia Berlusconi). Penso a lui e alla sua - ditelo con voce di Abatantuono in versione Attila Flagello di Dio - testa di ginocchio mentre fa la vittima al tg1 in merito alle intercettazioni. Sembra infatti che la sua redazione (che quindi è di proprietà di Berlusconi, che qualche problema con la legge ce l'ha) sia soggetta a intercettazione. 
Lui lo sa, e per questo è rattristato. 
E anche un po' incazzato. 
Son cose che non si fanno, insomma.
Quello che non mi torna però è perchè il giornalista del tg si sia fermato qui. Voglio dire, prima di riportare la notizia, ci sarà stata qualche verifica per capire se effettivamente ci sono o no ste intercettazioni. E se ci sono, allora varrebbe la pena chiedersi perchè riportare la notizia, con il rischio di compromettere un'indagine in corso. Dopotutto, non dimentichiamo che di intercettazioni a carico di Silvio ce ne sono svariate (il caso di Trani?) e quindi è lecito pensare che qualcuno possa aver reputato necessario mettere sotto osservazione delle linee che fanno riferimento ad una proprietà del premier che ha accesso in anteprima a informazioni delicate. In ogni caso, non credo che dovrebbero avvisare gli intercettati. E' come dire ad un serial killer: "ehi, guarda che ti sto seguendo, controllando e spiando per cui, attento, che se parli al telefono rischi di incriminarti!". Sarebbe un po' un controsenso no? In ogni caso, il proprietario (Berlusconi) del Giornale potrebbe far valere la sua posizione presso il Governo - che presiede - e informarsi...
L'altro scenario invece riguarda l'ipotesi che l'intercettazione sia una bufala. Se è così allora c'è una doppia presa per i fondelli dello spettatore del suddetto tg: viene defraduato dai giornalisti della Rai che si beffano della sua capacità di giudizio dandogli a intendere cose non vere; viene defraudato dal direttore del Giornale che diffonde notizie false su un argomento delicato e di particolare rilevanza per QUALCUNO che preferirebbe che la si smettesse di indagare su di lui. 
In ambo i casi, la realtà dei fatti non cambia: qua ci fanno fessi e ci distraggono al solo scopo di non farci percepire appieno la realtà che muta. Piano piano magari, oppure con dirompenza, molti messaggi passano e ci provocano una sorta di avversione verso l'informazione, verso l'approfondimento. Una sfiducia agevolata ancor di più dallo scardinamento del sistema scolastico a cui stiamo assistendo ma contro il quale nessuno si mobilita più di tanto. In fondo, a cosa servono istruzione, cultura e spirito critico?
Mi domando invece quando inizieremo ad aprire gli occhi e quando acquisteremo l'autentica consapevolezza che tutto questo presente in cui, per fortuna o purtroppo, ci troviamo è anche merito nostro. Tanto o poco, dipende anche da noi, dal nostro impegno, dalla nostra indifferenza, dal nostro sentirci italiani a intermittenza.
E a tal proposito, cedo la parola al maestro Giorgio Gaber: 



Io non mi sento Italiano - Giorgio Gaber