venerdì 29 ottobre 2010

..:: Fratellastri a 40 anni ::..

Titolo: Fratellastri a 40 anni (Step Brothers)
Regia: Adam McKay
Anno: 2008
Genere:  Azione

La trama in breve:
Nancy e Robert si incontrano a un convegno. È amore a prima vista e lei decide di andare a vivere da lui. Ma i due non sono proprio giovanissimi e hanno due figli sulla quarantina che vivono ancora a casa con mamma e papà. Brennan, il figlio di Nancy, ora deve trasferirsi e andare a condividere la camera con il ‘fratellastro' Dale che non è per nulla intenzionato ad accoglierlo con il sorriso sulle labbra. I due si ostacoleranno con tutti i mezzi possibili fino a quando non troveranno un nemico comune nel fratello minore di Brennan, decisamente molto diverso da loro. (fonte mymovies)
Il mio commento:
Non siamo di certo di fronte ad un film capolavoro, diciamocelo. A dire il vero non so bene per quale ragione io abbia deciso di vedere quest'ennesima fatica di Will Ferrell ma oramai l'ho fatto. E ve ne parlo pure...
Speravo che questo "Fratellastri a 40 anni" fosse un tantino meglio, ecco. Non mi sento di stroncarlo brutalmente come invece è avvenuto su mymovies, ma nemmeno di elogiarlo come potrebbe sembrare venga fatto su imdb (dove Step Brothers ha conquistato un onesto 6,7).
Ad ogni modo, concordo con altre recensioni che si trovano in rete: seppure l'idea poteva consentire sviluppi interessanti, e nonostante la squadra fosse più o meno rodata (Adam McKay, Will Ferrel e John C. Reilly hanno collaborato già in altre produzioni) il film non decolla, risultando piuttosto sconclusionato e deludente.
Ci sono un po' di gag interessanti ma, purtroppo, mancano quel mordente, quell'incisività e quella coerenza che avrebbero potuto renderlo decisamente interessante. Alcune trovate discrete, va detto, ci sono, soprattutto nel finale, quando assistiamo ad una serie di brevi trip mentali che ognuno dei personaggi principali sperimenta sull'onda delle emozioni scatenate dalla voce angelica di Brennan (Will Ferrell) mentre canta "Con te partirò". 
L'idea di portare in scena due bambinoni, idioti e scansafatiche,  cioè Brennan e Dale, poteva poi venir sfruttata per condannare certi stili di vita moderni, facendo da specchio ad una certa immaturità che fugge le responsabilità verso se stessi e il prossimo in favore di un divertimento disimpegnato a 360 gradi. Peccato però che l'intento non riesca e che, fondamentalmente, tutto si risolva con una serie di eventi  (non troppo connessi e sequenziali) in cui vengono messi a confronto due modi di vivere: quello adulto, nel quale  la realizzazione personale si raggiunge attraverso il lavoro e il guadagno, e quello "volutamente" infantile, che riversa ogni scintilla di energia ed entusiasmo unicamente nel gioco e nel divertimento scanzonato. 
In quest'ultima sfera finiscono anche, badate bene, le velleità artistiche dei due strampalati protagonisti:  i fratellastri vogliono infatti fondare una compagnia internazionale in grado di organizzare eventi e concerti. Strano a dirsi ma questo è probabilmente uno degli elementi che, nel film, finisce per non venir contestualizzato: sarà per colpa dei numerosi reality show / talent show, che tentano di sfornare musicisti, ballerini e cantanti, e che probabilmente ci hanno già plagiato, ma per qualche strano motivo l'ambizione artistica dei nostri non appare come un capriccio infantile da cui prendere le distanza ma come qualcosa di "accettabile". In pratica, c'è modo e modo di essere dei bambinoni: se lo sei, ma guadagni milioni di euro o dollari all'anno, va bene; altrimenti sei un fallito perdigiorno che grava sulle spalle di famiglia e società. Un po' come appare nel considerare dove risieda l'importanza del "lavoro" di Derek, per il quale sia Brennan che Dale si ritrovano a lavorare: il party. Altro che professionalità, contratti, studi, tecnica...
Un'altro spunto di riflessione va poi alla famiglia in sè e a come sia complicato gestirla. Soprattutto quando non ci si trova di fronte ad un nucleo "ordinario" e ben definito ma si mescolano invece elementi e persone appartenenti a famiglie diverse, fratellastri e genitori che cercano di ripartire costituendo una nuova famiglia. Cosa che, parlo anche per esperienza personale, non è affatto facile e che può venir affrontata in svariati modi. Addirittura rifuggiandosi in comportamenti come quelli di Brennan e Dale, quasi un rifiuto a diventare come quelle persone che hanno determinato fratture e/o dolore.
Analogamente, un grosso interrogativo che i due pongono è: come caspita si fa a diventare adulti? Chi insegna a crescere e determina io raggiungimento dell'età matura? 
E, ancora, bisogna per forza omologarsi alla massa? Perchè invece l'originalità e la spontaneità devono venir represse o condannate? Che, in pratica, è quel che accade ai protagonisti: incompresi e bollati come nerd sfigati finiscono per venire messi all'angolo da chi è più adulto (o dalle nuove generazioni...).
Peccato però che tutto questo scivoli via molto blandamente, con qualche fugace accenno lasciato ai fin troppo comprensivi e permissivi genitori dei due discolacci.
Quindi, ricapitolando, gli elementi con cui giocare per creare una commedia divertente ma anche coinvolgente c'erano: peccato invece che qualcosa sia andato storto e che il risultato sia un film poco convincente,  quasi una visione trascinata più che sorretto solamente da alcune gag qua e là (vedasi il rapporto che consumano Dale e la moglie di Derek nella stanza accanto a quella in cui si sta tenendo un pranzo di famiglia o gli escamotage per impedire la vendita della casa in cui vivono).


 

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