giovedì 30 giugno 2011

..:: The Punisher ::..

Titolo: The Punisher
Anno: 2004
Genere: azione, live-action

The Punisher nei fumetti
Apparso per la prima volta nel febbraio del 1974, all’interno di un numero di SpiderMan, The Punisher è un personaggio atipico se raffrontato con la moltitudine di super-eroi proposti, nel corso dei decenni, dalla Casa delle Idee. In primis non nasce dalla fervida mente di Stan Lee, bensì da quelle di Gerry Conway e Ross Andru; inoltre non possiede abilità speciali né dispone di avveniristiche tecnologie che possano identificarlo come un supereroe nel senso tradizionale del termine: potremmo quindi considerarlo alla stregua di un uomo comune. 
Ex soldato ed ex poliziotto, Frank Castle, questo il vero nome del punitore, possiede però una significativa conoscenza delle arti marziali e una variegata esperienza in fatto d’armi, ma è il suo carattere duro e intransigente che lo rende spietato nel perseguire i criminali, inflessibile dinnanzi alle ingiustizie commesse. 
In seguito alla perdita dei propri cari nel corso di una sparatoria a Central Park, accecato dal dolore e dalla sete di vendetta, Frank ha votato se stesso alla causa della giustizia facendosi suo violento esecutore. Un punitore metropolitano che, armato e fortemente determinato, agisce a volto scoperto senza esitazioni contro boss e criminali al fine di applicare quelle azioni e quelle condanne che la legge, troppo spesso esercitata da corrotti e inetti, non è in grado di garantire. 
Per certi versi potremmo considerarlo una variante del Batman della DC Comics, ma appartenente ad una famiglia decisamente meno facoltosa rispetto a quella di Bruce Wayne. 
Thomas Jane: pronto a colpire...
Nel corso delle storie di cui è stato protagonista, Frank Castle ha fronteggiato diversi criminali, legati ad organizzazioni malavitose internazionali (mafia russa, yakuza, mafia irlandese, triade cinese…), ma anche bande di motociclisti, teppisti, stupratori, politici corrotti... la maggior parte dei quali uccisi - si parla infatti di quasi 2000 vittime in circa 30 anni di servizio del punitore - motivo per cui la serie non prevede villains che compaiono di tanto in tanto. 
Inutile dire che, per la sua caratterizzazione, non lo si può identificare come un eroe: basta infatti l’enorme teschio bianco dipinto sulla tuta in kevlar rinforzato o sulle magliette, a seconda del periodo editoriale, che è solito indossare a far comprendere l’estremismo che incarna. Un modo di praticare la giustizia che appare discutibile e che, in alcune occasioni, gli ha attirato contro addirittura gli stessi super-eroi di casa Marvel, come DareDevil o Capitan America, intenzionati ad arginare la scia di sangue che egli lascia dietro di sé o, più semplicemente, per esigenze editoriali legati alle vendite di comics.
Nel corso degli anni le gesta del punitore, spesso ospitate all’interno di altre testate fumettistiche serializzate da Marvel, hanno saputo conquistare un discreto seguito di fans ma che, purtroppo, complici le storie proposte da autori non sempre concentrati nella serializzazione e alcuni cambiamenti legati all’evoluzione del personaggio, non si sono dimostrati costanti e soddisfatti. Nel tentativo di arginare il declino del personaggio, durante la seconda metà degli anni 90 la serie è quindi stata oggetto di variazioni e cambiamenti al timone sino al tentativo di chiudere definitivamente la testata con l’esecuzione di Frank Castle dopo averlo reso un boss della malavita: in fondo, essendo un giustiziere che agisce al di là della legalità c’era da aspettarselo che, prima o poi, venisse condannato dalla giustizia ordinaria.
Il successivo tentativo, “Purgatory”, ideato da Chrisotpher Golden nel 1998, per riesumare il personaggio virando verso un contesto più fantastico, forse per cercare di far concorrenza ad altre testate fumettistiche proposte dalla concorrenza, come ad esempio Spawn della Image, si è rivelato fallimentare. 
...ma "il Russo" dimostra di essere
tosto e cazzuto ...
A partire dal 2000 però the Punisher è stato nuovamente ripreso e rielaborato grazie al lavoro di artisti quali Garth Ennis, apprezzato autore di opere quali Preacher, Hitman e Hellblazer, e vincitore di alcuni premi tra cui un Eisner Award nel 1998, e Steve Dillon, disegnatore britannico a fianco di Ennis in Hellblazer e Preacher. 
In seguito ad un restyling grafico - è in questo periodo che la tuta in kevlar verrà sostituita da una più pratica t-shirt scura - e ad una più approfondita caratterizzazione del personaggio tesa ad umanizzarlo, il punitore viene quindi proposto al pubblico con storie decisamente più mature e accattivanti, rilanciando il personaggio e ottenendo un discreto consenso che perdura fino a giorni nostri. 
Forte di questo rinnovato interesse per la serie e di buoni indici di vendita, come già avvenuto per altri protagonisti dei comics, nel 2004 Marvel si è impegnata nella trasposizione cinematografica del personaggio.


The Punisher al cinema
In realtà, un primo adattamento per il mondo del cinema risale al 1989, con il film diretto da Mark Goldblatt e interpretato dal granitico Dolph Lundgren. L’opera, in realtà soltanto vagamente ispirata a The Punisher, si rivelò però un fiasco, registrando recensioni e commenti negative sia da parte del pubblico che della critica specializzata tanto che, dopo un’iniziale distribuzione nelle sale cinematografiche, venne destinato al mercato home video. Addirittura ne venne cambiato il titolo in “Il Vendicatore”, per prendere le distanze dall’omonima opera fumettistica targata Marvel a cui il film avrebbe dovuto essere ispirato.
Quindici anni dopo, sull’onda del rilancio del personaggio effettuata da Garth Ennis è stata effettuata una nuova trasposizione affidando il progetto alla regia di Jonathan Hensleigh, già autore per opere quali Jumanji, Die Hard - Duri a morire e Armageddon. Questa volta il film si dimostra più in linea con il personaggio dei comic, anche sul fronte estetico, proponendo una storia originale che narra le origini del vendicatore Marvel. Nonostante l’opera non si riveli un capolavoro cinematografico e presenti svariate differenze rispetto al fumetto ha comunque saputo realizzare incassi incoraggianti a tal punto di convincere Marvel a investire sul progetto commercializzandone una versione estesa nel 2006 e pianificando un seguito nel 2008. 
La storia proposta è ambientata a Tampa, in Florida. Nel corso di un’operazione di polizia coordinata dall’agente Frank Castle, impersonato da un energico Thomas Jane (La Sottile Linea Rossa, The Mist, Mutant Chronicles), rimangono uccisi alcuni criminali coinvolti nel traffico illegale di armi. Tra questi vi è anche Bobby Saint, figlio di un potente boss della città, il quale, scoperto il responsabile dell’uccisione, ordina vendetta. I sicari sguinzagliati su comando dello stesso Howard Saint rintracciano Castle presso un villaggio a Porto Rico e qui compiono l’ordine, eseguendo la condanna a morte di tutti i famigliari del poliziotto, senza risparmiare nessuno. Da ultimo si accaniscono contro quest’ultimo sparandogli e lasciandolo in balia delle fiamme con cui devastano il piccolo porticciolo su cui lo abbandonano.
...grazie al Russo il pretesto per
giocare al paziente a all'infermiera
giunge naturalmente...
Ma Frank Castle si rivela un tipo coriaceo e, sopravvissuto all’esecuzione, dopo essersi ripresosi dall’accaduto, torna a Tampa per cercare vendetta che eseguirà con caparbia solerzia, rispondendo con violenza e astuzia a quanto subito.
La trama proposta dal film è in linea con quella tipica del genere d’azione: lineare, dinamica, spietata e fracassona. Non vengono proposte particolari sequenze introspettive o utili per la caratterizzazione del personaggio: tutto si basa sulle mosse attuate per cercare di sgominare il nemico di turno. Tra sparatorie o combattimenti corpo a corpo il protagonista troverà quindi il modo di sbarazzarsi di tutti i sicari che gli si pareranno dinnanzi, giungendo ad infliggere ad Howard Saint e complici la punizione che meritano.
Tutto però scivola via in modo troppo semplice e immediato, risultando decisamente poco convincente. L’armamentario di cui Frank Castle dispone ha un che di sospetto, così come risultano quasi imbarazzanti la facilità con cui riesce a prevedere le mosse di Howard Saint, interpretato da un mediocre John Travolta (Grease, Pulp Fiction, Basic), e a sbaragliare tutti i suoi piani, addirittura  instillando in quest’ultimo il sospetto di una tresca tra la giovane consorte, Livia, (una splendida Laura Harring, già interprete per David Lynch in Mulholland Drive) e il suo braccio destro, Quentin Glass (Will Patton, presente in Armageddon, L’uomo del giorno dopo, Entrapment), fedele servitore da almeno vent’anni. E omosessuale.
I coniugi Saint litigano...
Tralasciando quindi le molte lacune dal punto di vista della sceneggiatura, il film si concentra soprattutto sul personaggio di Frank Castle, tratteggiandolo come un uomo solitario, laconico, disperato. Non avendo più nulla in termini di affetti o lavoro, non possiede nulla per cui vivere ma nemmeno niente da perdere. Motivo per cui accanirsi contro la famiglia Saint diviene per lui una vera e propria ossessione, una missione su cui basare la propria esistenza. Egli è quindi un uomo tormentato che non concepisce altro, per sé, al di fuori della vendetta da infliggere e il dolore per la perdita subita. 
Ciononostante, la sua figura sembra possedere un discutibile effetto rassicurante per gli ultimi della società, disadattati che abitano nella medesima palazzina nella quale egli si rifugia. Ma mentre Dave, Bumpo e Jean fuggono dalla società e dai propri problemi personali, l’ex poliziotto li affronta a viso aperto rispondendo con violenza e brutalità a coloro che fanno della soprafazione un credo. Frank appare inoltre totalmente asservito alla propria vocazione di punitore che quasi rifiuta il presente, negando a se stesso la possibilità di una vita normale, magari assieme alla splendida Jean (impersonata da Rebecca Alie Romijn, attrice in X-Men, S1m0ne e Femme Fatale). Di tutto il suo mondo, quello che per lui contava, non restano che i ricordi: dei genitori, della moglie Marie e del piccolo Will affiorano solamente frammenti di immagini e il dolore per la loro dipartita. Un nero e cupo fardello che è ben evidenziato dalla maglietta scura, dono del figlioletto, che Frank sceglie di indossare per loro. Ma se il colore richiama il lutto che egli vive il teschio bianco che su di essa troneggia non può che essere interpretato come un’esplicita promessa di morte.
Il punitore attende la preda
Appare quindi ben tratteggiato il lato scomodo del personaggio, un anti eroe che a fatica si distingue dai criminali che persegue. In fondo non esita a infliggere loro dolore o a ucciderli, non senza provare una punta di soddisfazione. Esattamente come farebbe un pluriomicida rendendo, di fatto, difficile la classificazione del personaggio tra i buoni. E probabilmente il pregio del film sta proprio in questo, nell’essere riuscito a rendere parte del fascino che il punitore possiede, a metà tra giustiziere e criminale.
Nel complesso, tuttavia, la pellicola si dimostra poco significativa e memorabile, troppo votata all’azione e agli scontri fisici che a trasporre su grande schermo storie, personaggi e ambientazione di un fumetto discretamente conosciuto, fermo restando che l’impressione globale non è certo quella di assistere ad un live-action al pari di altri prodotti targati Marvel Studios. L’assenza di effetti speciali spettacolari, di ritrovati tecnologici o di costumi sgargianti fa infatti sembrare The Punisher un ordinario film d’azione e forse, per questo, più facilmente fruibile anche da parte di quegli spettatori che non sono affezionati lettori di comics americani o che, al cinema, non ricercano le pellicole ad essi ispirati.




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