lunedì 18 luglio 2011

..:: Opera Sei ::..

Titolo: Opera Sei
Autore: David Riva
Editore: Edizioni XII
Genere: thriller
Pagine: 204


Catalogare un romanzo, sintetizzarne l’essenza, definirne genere e filone di appartenenza non sono sempre operazioni di facile adempimento, soprattutto per non scadere nella semplificazione o riduzione dell’opera stessa. Nello specifico, classificare Opera Sei come un thriller non renderebbe affatto giustizia al testo scritto da David Riva e pubblicato nel 2010 da Edizioni XII nella collana Mezzanotte.
Opera Sei possiede, in effetti, molti elementi tipici del genere thriller ma questi caratterizzano in realtà solo una parte del romanzo che a tratti accarezza l’horror e il drammatico, mentre in altre parti propone interessanti riflessioni e citazioni legate all’estetica e all’arte in generale che potrebbero quasi farlo sembrare una sorta di saggio, una dissertazione sui limiti che il linguaggio artistico può delineare o a cui deve sottostare. 
La narrazione si dipana tra passato e presente, alternando tra loro capitoli che permettono al lettore di seguire l’evolversi della storia o che consentono all’autore di approfondire la caratterizzazione dei propri personaggi, descrivendo antefatti e background del mondo descritto nel romanzo.




Per la maggior parte gli eventi si concentrano tra aprile e maggio 1993 e si svolgono in città europee quali Venezia, Parigi, Dresda o Sempach presso le quali si concentrano le ricerche di Ester Kuzminova, splendida ragazza studiosa d’arte destinata a diventare l’opera numero sei del dottor Hao Myung. Quest’ultimo è un chirurgo di fama internazionale che, supportato dalla potente e misteriosa Metafisica, influente organizzazione a cui partecipano i più illustri nomi dell’economia mondiale, realizza arte sperimentando tecniche mediche all’avanguardia e materiali innovativi sui corpi di pochi selezionati volontari. Questi ultimi sono ignari del reale destino a cui si espongono - saranno venduti come pezzi unici nel contesto di segretissime aste clandestine, esseri (oggetti?) tanto preziosi quanto disturbanti per la loro eccentrica esteriorità - semplicemente accettano le proposte del chirurgo cinese, sottoponendosi a dolorosi sacrifici e irreversibili interventi chirurgici, per ritrovare se stesse e mostrare al mondo ciò che realmente sentono di essere. 
Così come si legge nella sintetica ma suggestiva quarta di copertina del romanzo, l’operato di Myung, vero e proprio artista d’avanguardia, esplora e ridefinisce i limiti del tollerabile e dell’arte in generale, spingendosi oltre la body art e l’Arte carnale, facendo propri alcuni concetti del transumanismo. Ecco allora che il busto di Daniel Crosby, amante del medico cinese, viene attraversato da tubi cilindrici cavi realizzati in titanio; l’aorta di Gerardo Ortiz viene imprigionata in un condotto di cristallo che fuoriesce dal torace per consentire la visione del sangue mentre scorre; la calotta cranica di Fatwa al-Shanfara, donna di impareggiabile intelligenza, viene sostituita con una copertura trasparente per la visione dell’encefalo; al corpo della splendida modella Dolores Almerica vengono invece applicati innumerevoli led luminosi; infine a Sean Elfgorn vengono applicate placche metalliche per rivestirne interamente il corpo per renderlo un essere corazzato. 
Uomini e donne con una storia e un passato, ciascuna con ambizioni e desideri da attuare attraverso l’evoluzione del proprio corpo, un cambiamento estremo per raggiungere la completa e totale realizzazione di sé. Marmo da rendere arte: un obbiettivo che il dottor Myung può consentire loro di raggiungere, esattamente come promesso a Ester, la bellissima ragazza tedesca che vuole rimuovere tutta l’epidermide del proprio corpo. Ingenua e delusa dalla propria esistenza, maledetta dalla bellezza irreale che possiede e che finisce per condizionare ogni rapporto sociale, la ragazza ha fatto perdere le proprie tracce alla madre la quale, preoccupata, chiede l’aiuto di Ivan, amico di famiglia, ex-agente segreto russo e, in realtà, padre di Ester. E sarà proprio la ricerca di quest’ultima che porterà il lettore a vivere un’esperienza conturbante, coinvolgendolo in una sfida contro il tempo per strappare la ragazza ad un destino orribile a cui sembra essere stata condannata e al contempo lasciandosi irretire dal miraggio estetico rappresentato dall’arte estrema del dottor Myung.
La narrazione rimane infatti in bilico tra condanna e fascino di ciò che viene realizzato dall’abile medico cinese, sperimentazione e riscoperta dell’essere. E sono molte gli interrogativi che il testo, soprattutto grazie ai capitoli interamente occupati dalle lettere scritte dall’artista cinese o dalla bella Ester, lancia al lettore, senza pretendere di fornire risposta. Viene completamente demandando al lettore il compito di decretare se la scelta di Ester, voluta per sé solamente, è un sogno romantico oppure una follia senza pari, così come il giudizio sulle azioni di Ivan e sui doveri che egli sente nei confronti di una figlia per la quale non c’è mai stato. Nemmeno viene fornito al lettore un giudizio in merito all’esito delle trasformazioni a cui sono soggetti i volontari di Metafisica: si tratta di abomini oppure di straordinarie opere d’arte, di egocentrici capricci o ammirevoli esempi di vita?
Eppure, per quanto estreme e folli, condivisibili o meno, le sei opere ottengono quasi con serenità una sorta di realizzazione di sé, conseguendo una nuova dimensione esistenziale e una forma estetica che il loro corpo celava alla vista e, addirittura, a loro stessi.
L’atmosfera che il romanzo fa respirare è in ogni caso tesa, cupa, sinistra. Quella che le parole scritte descrivono non è di certo una storia solare e dai contorni nitidi ma che ciononostante sa farsi apprezzare in virtù di un’ottima leggibilità e di capitoli brevi e suggestivi, talvolta nervosi, talvolta struggenti - penso ad esempio al capitolo 36, poetico epilogo di Daniel Crosby sulla spiaggia di Ua Pou. 
Probabilmente il fascino morboso che le creazioni di Myung posseggono costituiscono un ulteriore incentivo alla lettura o, di contro, un fattore di allontanamento dal testo anche se, va detto, l’elemento orrorifico è presente ma non in forma esplicita, semmai suscitato dalle immagini macabre e raccapriccianti che certe immagini suscitano. 
Il registro utilizzato così come il lessico, appropriato e decisamente di buon livello, costituiscono un ulteriore pregio del romanzo e denotano l’attenzione posta dall’editore nel pubblicare un testo di qualità. D’altra parte, l’esperienza in campo medico maturata da David Riva ha giovato all’autore consentendogli di introdurre nel testo precisi termini tecnici e di ricorrere al giusto distacco tipico dei professionisti del campo sanitario. La sua penna non denota infatti particolari reazioni in merito alle operazioni a cui si sottopongono Ester e gli altri pazienti del dottor Myung, semmai sono le emozioni di artista e volontari a vibrare distintamente tra le righe dando anima e corpo a personaggi che, nonostante le non moltissime pagine a disposizione, risultano caratterizzati e ben delineati.
Globalmente, quindi, Opera Sei rappresenta un prodotto letterario decisamente sopra la media, molto curato e ben realizzato, una sensazione che si avverte già dalla splendida copertina e dalla regia che governa la narrazione. Di contro può risultare una lettura non immediata, soprattutto per le riflessioni artistico filosofiche che di tanto in tanto inframezzano l’azione e giungono a far luce sul modo di sentire di Ester; oltre a ciò i numerosi capitoli che alternano presente e passato possono disturbare quei lettori che prediligono uno sviluppo lineare della trama e rischiano di perdersi tra le varie locations citate. Infine, se proprio proprio un difetto più marcato lo si vuole indicare, sebbene si tratti di un paio di punti solamente, vi sono due date che non possono che suscitare perplessità per un testo ambientato nel 1993 – non è mai facile citare testi futuri che verranno scritti solamente qualche anno più tardi. 
La scelta di collocare gli eventi sul finire del secolo scorso risulta inoltre una mossa astuta, che ha permesso all’autore di limitare massicciamente la tecnologia a disposizione del mondo e dei personaggi descritti: probabilmente l’uso di cellulari o di internet avrebbe finito con l’interferire nelle dinamiche proposte nel libro, addirittura finendo con lo svilire il potenziale artistico, nonché economico, delle opere del dottor Myung rendendole più facilmente svendibili nel rapidissimo mercato mediatico di oggigiorno, costantemente affamato di scoop, scandali e freaks. Al di là di questo, un’ambientazione collocata in anni più recenti non ne avrebbe probabilmente intaccato il messaggio lasciando il lettore a riflettere su quesiti legati al senso più profondo dell’arte, sui limiti cui essa deve sottostare – ammesso che ne abbia o che debba, certo – o su quelli che governano il corpo che possediamo, fermo restando che le opere di Metafisica considerano il proprio un riflesso della propria anima, materiale plastico da modellare per esporre semplicemente la propria essenza e non mera carne da esaltare o deturpare a piacimento per assecondare una moda passeggera.

Nessun commento: