lunedì 31 ottobre 2016

Captain America: Civil War

Titolo: Captain America: Civil War
Regia: Anthony Russo, Joe Russo
Anno: 2016
Genere: azione, supereroi
Cast: Chris Evans, Robert Downey Jr., Scarlett Johansson, Sebastian Stan, Jeremy Renner, Don Cheadle, Anthony Mackie, Paul Bettany, Elizabeth Olsen, Daniel Brühl, Chadwick Boseman, Emily VanCamp, Frank Grillo, Martin Freeman, Mark Ruffalo, Paul Rudd, Tom Holland

La trama in breve:
Le conseguenze del grande scontro avvenuto in Avengers: Age of Ultron portano ad una resa dei conti tra i Vendicatori e gli stati nazionali. L'America in primis chiede agli eroi di registrarsi, cioè di smettere di essere indipendenti e agire sotto il comando degli stati sovrani. La squadra si spacca così a metà, con una parte di eroi (facente capo ad Iron Man) favorevole all'idea per poter continuare la propria missione e un'altra (facente capo a Capitan America) convinta che tutto questo vada contro la loro stessa idea di missione. Divisi e con obiettivi diversi, i Vendicatori devono affrontare la minaccia di un terrorista che compie terribili attentati proprio ai loro danni, colpendo tra gli altri anche il re di Wakanda, stato africano in prima linea nel conflitto ai superumani poiché produttore di un metallo unico e utile alla causa. In tutto questo il soldato d'inverno, Bucky Barnes, è tornato e pare essere proprio lui il responsabile degli attacchi, di nuovo privo di memoria, di nuovo preda di una volontà altrui e di nuovo bisognoso dell'aiuto di Capitan America (fonte mymovies)

Il mio commento:
Di recente ho recuperato anche quest'altro film d'essai appartenente al filone supereroistico della casa delle Idee. Nel complesso mi è piaciuto, lunghetto, ma con una sua struttura e identità, presenta numerose scene d'azione ed effetti speciali come se piovesse visto la massiccia presenza di supereroi affiliati al club dei Vendicatori. 
Sinceramente mi domando perché non l'abbiano chiamato Avengers 3...
Comunque sia, me lo sono goduto con calma e in santa pace, non come il precedente "Captain America The winter soldier" visto metà in inglese con sottotitoli e metà in italiano, su due voli diversi ma consecutivi. E forse c'è stato pure qualche colpo di sonno prima di Doha...
Non che sia un fan di Captain America, ma un simpatizzante dei supereroi sì, pur consapevole che non sempre le trasposizione cinematografiche propongano opere sensate o di tutto rispetto (vedasi gli obbrobri realizzati per gli X-men da Singer), film che in ogni caso restano nell'ambito del blockbuster e che magari risultano superficiali su molti ambiti ma comunque spettacolari e godibili. Ideali per rilassarsi e per un po' di intrattenimento.
Motivo per cui, più che focalizzarmi sul fornire una recensione o un commento strutturato al film, tanto, tra youtubbers e altri siti, se ne trovano di complete ed esaustive, vorrei puntare l'attenzione su alcuni elementi che mi hanno fatto sorridere o pensare o innervosire.

domenica 23 ottobre 2016

Una caduta accidentale

Una manovra ordinaria, normale, come infilarsi il giubbotto.
Un gesto banale, compiuto innumerevoli volte.
Ma lui non è d'accordo: scorge la tasca aperta, intona "I believe I can fly" e spicca il volo atterrando però sul pavimento maledicendo la forza di gravità.
Un impatto duro, imbarazzante, ma non così grave.
Almeno in apparenza.
E invece... ko tecnico... display incosciente, renderizzazione video assente, solo qualche accenno di colore.
Fondamentalmente il mio Sony Xperia Sp è crepato.
Cioè, sarebbe anche vivo, riceve telefonate e notifiche, ma non ci posso praticamente far nulla perché il display è passato a miglior vita. E forse non solo quello.
Poco male, mi son detto quando ancora non avevo realizzato il destino del device Sony, che sarà mai tornare ai bei vecchi tempi quando il mondo viveva di cellulari senza touch-screen, senza perenne connessione a social e app di messaggistica istantanea. Un'epoca, neanche così lontana, in cui il browser manco era integrato nel cellulare, in cui gli sms imperavano e il navigatore era solo quello che, nel rally, se ne stava seduto accanto al pilota.
Che sarà mai, mi dicevo.
Invece, a distanza di 2 giorni, ben 2 giorni, mi sento un paria, un essere immondo e vergognoso.
Tagliato fuori dal mondo e da tutte quelle dinamiche che, fino a giovedì, erano scontate, immediate.
Ma è soprattutto la consapevolezza di non aver accesso immediato al web e alle sue risorse così come la non certezza che gli "altri" sappiano o riescano a contattarmi.
Già il fatto di non avere un account su Facebook genera sorpresa e al contempo ribrezzo nelle persone, che ti guardano come fossi un alieno, anzi, un paria. In ogni caso, e poi chiudo parentesi, "Si può fare!". Vivere senza FB, intendo. Chiusa parentesi.
Se a questo si aggiunge la mancanza di Whatsapp e compagnia bella...
In ogni caso, con mia sorpresa, superato lo smarrimento iniziale, sto scoprendo che si può vivere anche senza smartphone.
Addirittura ci son vantaggi insospettabili come l'affrancatura dall'assillo di aver sufficiente carica nel cellulare, l'assenza di una certa dipendenza da controllo compulsivo di presenza messaggi e notifiche, pure la guida - ahem - in un certo senso è più tranquilla e priva di distrazioni....ma non vorrei approfondire troppo questo argomento visto cosa mi combina la Peugeot...
Certo, è vero che si nota la mancanza di altre cose, però questo cambio forzato mi ha dato da pensare a quanto, volenti o nolenti, si sia dipendenti dalla tecnologia o, meglio, di quanto si sia dipendenti da un modo di vivere fortemente vincolato alla tecnologia e alla comunicazione.
C'è da meravigliarsi nel riflettere su come, in pochi anni, si sia arrivati a questo e a quanto il nostro modo di essere e di vivere sia fortemente condizionato e libero solo in parte. Non una dinamica nuova, per carità, né solo di appannaggio alla popolazione italiana. Nemmeno - me ne rendo conto - sto rivelando al mondo qualcosa di nuovo, però in effetti in questi due giorni mi son reso conto di quale "mutilazione" si avverte nell'aver perduto il contatto, la chiave verso un contesto social-tecnologico, che non si cura di chi rimane fuori o indietro. 
Tranquillo amore: il droide
del centro assistenza ha detto
che nel giro di due giorni al massimo
riavrai il tuo occhio bionico
con i sensori per la augmented
reality perfettamente riparati.
Su, stai sereno e non ti preoccupare
Certo, magari sto iperbolizzando il tutto come mio solito, ma la sensazione è proprio questa, di restare relegati in una dimensione altra, parallela a quella reale in cui tutto avviene alla velocità della luce e immediatamente, mentre con l'arcaic device di cui alla prima diapositiva, nonostante il vantaggio di una comoda e pratica tastiera fisica, ci si sente un po' fuori luogo, disconnessi, in vista di un miraggio che si sa esser reale ma incapaci di poterlo raggiungere. E tutto questo è molto triste, esser consapevoli di questa sorta di dipendenza, intendo. Vien da chiedersi come sarà in futuro, quando magari saremo attorniati da droidi o da GoogleCar e ci troveremo, magari anche solo per un giorno, sconnessi, tagliati fuori dalla normalità in cui, con un gesto o un tap, sveliamo mondi o scateniamo vagonate di interazioni remote.
Anzi, nell'ipotesi che nel futuro si vada verso i chip sottocutanei e l'integrazione di device nei tessuti biologici, mi vien male solo a pensare a quel che potrebbe capitare in caso di guasto di qualche device o sostituzione di essi...  

domenica 16 ottobre 2016

Appello raccolta fondi per Terre di Confine


Come già accennato qualche settimana fa, è ancora attiva la campagna di raccolta fondi per sostenere e rilanciare le attività promosse dall'associazione culturale Terre di Confine, ossia l'attività redazionale volta a proporre articoli relativi al fantastico - in tutte le sue varie e fantasiose accezioni - sia sul portale web che all'interno dell'omonima rivista aperiodica.
Seppur consapevoli del fatto che le campagne di crowdfunding rappresentano sempre una scommessa, che forse all'estero hanno una considerazione e un feedback diverso da quello riscontrabile in territorio nostrano, ma al contempo consci della necessità di capire se "fare il salto" e continuare con una dinamica più professionale e strutturata oppure rivedere ulteriormente il progetto, inclusa l'opzione di chiudere definitivamente, scenario che mi sento in dover di accennare perché non è così scontato che si continui, abbiamo tentato la via di Indiegogo.
Segnalando l'iniziativa attraverso i nostri canali e pur attivando una campagna mirata su Facebook, un bel po' di gente, lettori e non, è venuta a conoscenza di questa iniziativa.
Ma, ad oggi, ad un mese circa dall'attivazione della campagna, le donazioni non stanno fioccando come ci saremmo aspettati ... anzi, non stanno arrivando proprio :-(((
In effetti la cifra proposta è altina, magari incute perplessità da parte dei potenziali sostenitori. Forse nemmeno sarebbe mai stata raggiunta in questo o in altre linee temporali parallele - quanto meno senza la promessa di corredare alla rivista calendari, gadget, amuleti di criptonite, apparecchiature per il teletrasporto o biancheria intima di Ria Antoniou -, ma almeno confidavamo di vederlo muovere con un minimo di costanza quel caro e simpatico indicatore di donazioni raccolte.
In fondo, facendo qualche considerazione spiccia, se anche uno ogni 10 (o 100 o 1000) visitatori del portale TdC, o dei vari lettori che negli anni hanno beneficiato gratuitamente del materiale proposto, o che grazie agli articoli e alle interviste proposte hanno fruito di un minimo di pubblicità a costo zero (ad esempio editori, cosplayer, ... ), se almeno uno di loro contribuisse con una manciata di euro, la situazione sarebbe ben diversa.
Invece niente...siamo soli...o stiamo sbagliando qualcosa...
Peccato quindi.
Eh sì che Tdc Magazine avrebbe, anzi, ha tutte le carte in regola per costituire una valida esperienza di lettura, sia per gli approfondimenti su film, romanzi, fumetti, serie, anime, sia per i saggi proposti, che per le interviste oppure i racconti di qualità accuratamente selezionati e vagliati.
E magari, da rivista unicamente online magari sarebbe potuta diventare qualcosa di più, una pubblicazione con cadenza più frequente oppure - perché no? - impaginata e comodamente fruibile in formato cartaceo :-))





martedì 11 ottobre 2016

Deadpool

Titolo: Deadpool
Regia: Tim Miller
Anno: 2016
Genere: azione, supereroi
Cast: Ryan Reynolds, Morena Baccarin, Ed Skrein, T.J. Miller, Gina Carano, Brianna Hildebrand, Rachel Sheen, Leslie Uggams, Andre Tricoteux, Jed Rees

La trama in breve:
Wade Wilson è un mercenario senza scrupoli per cui tutto ha un prezzo, finché scopre la sua anima gemella: una prostituta di nome Vanessa. Quando tutto sembra andare per il meglio, Wilson scopre di avere un cancro all'ultimo stadio. Per questo viene avvicinato da un sinistro personaggio che ha in serbo una proposta di cura insolita. Wilson accetta ma finisce per essere vittima di un esperimento genetico dagli esiti imprevedibili. (fonte mymovies)

Il mio commento:
Ordunque, a quasi un mese dal commento su Ex-machina eccoci nuovamente qui a ciarlare di qualche altro film. Avrei potuto parlare di "Kung Fu Panda 3" - carino, meno spassoso del previsto ma comunque simpatico e piacevole, e graficamente notevole - oppure spendere due parole sullo strepitoso "Il racconto del Vajont", di Marco Paolini, di cui ho intravisto solo la parte finale ieri sera su Rai5, ma in questo caso non mi sento degno né sufficientemente preparato ad affrontare una storia così importante e sfaccettata, per cui mi limito a consigliare caldamente di cercarvi il video su youtube (tipo qui).
Per cui, esaurite le possibilità sensate, ripiegherei su qualcosa di più semplice e, coff coff, commerciale. Ossia Deadpool, film Marvel ispirato all'omonimo personaggio dei fumetti creato da Fabian Nicieza e Rob Liefeld negli anni '90.
Ma andiamo con ordine.
Anni fa, venne proposto alle masse il film "X-Men origins: Wolverine", dedicato a Wolverine, appunto, personaggio inflazionatissimo e decisamente noto dell'universo Marvel. 
In quella pellicola, faceva la sua comparsa Wade Wilson (vero nome del tizio in calzamaglia rossonera altrimenti noto come Deadpool) non solo come mercenario ma come mutante: ci sono le prove qui e qua
Ora, svariati anni dopo, ignorando quanto già fatto pregustare alle masse, Deadpool ritorna (cioè, è tornato mesi fa ma io vivo in differita ... ) in una pellicola scanzonata, irriverente e decisamente violenta.
Sin dalle sequenze iniziali ho adorato questo film, canzonatorio, politicamente scorretto e folle. 
In linea con quello che, appunto, è il personaggio di Deadpool, il mercenario chiacchierone, che più volte ho incrociato leggendo i fumetti Marvel degli X-Men. 
La cosa interessante, ma che poi non è nemmeno una novità, è che non siamo di fronte a un eroe, ma a un vero e proprio killer, uno che ammazza senza porsi problemi particolari....eppure tutto ciò non "pesa", anzi, nemmeno ci viene da pensare a lui come a un pezzo di merda, a un nemico pubblico o similare. In qualche modo ci cattura, si crea empatia e simpatia, vuoi per le battutine irriverenti e il suo vivace favellare, vuoi per la crisi personale di una persona che tenta il tutto per tutto a causa del cancro che lo sta divorando, vuoi perché nonostante sia brutto, violento, maleducato e con la coscienza sporca riesce a farsi una gnoccolissima di prima categoria.
E non sto dicendo che non mi piace, capiamoci.