sabato 1 aprile 2017

Trasferta in Senegal

Recentemente ho avuto l'occasione di recarmi in Senegal, per motivi lavorativi, in particolar modo per attività di configurazione e installazione di sistemi software nel nuovo aeroporto (ancora in costruzione) situato presso Diass, a circa 60 km da Dakar.
Diciamo che l'inizio del viaggio nonché l'impatto con il Senegal non sono stati dei migliori: l'aeroporto di Dakar è infatti vecchio e limitato e l'ordine resta un concetto alieno. Non è stato facilissimo recuperare il bagaglio e guadagnarsi l'uscita visto il caos e la ressa da parte dei locali, che tra l'altro sono mediamente fisicati e di stazza rilevante. Oltretutto, c'è anche il rischio di vedersi sottrarre la propria roba visto il modo disordinato in cui si svolge il tutto e considerando che si procede a spintoni fino ai macchinari a raggi X e che, ancora, ci si urta amichevolmente per recuperare le proprie cose dall'altro lato.
Decisamente un'altra cosa rispetto al terminal 4 di Madrid...




Al di là di questo, la prima notte l'abbiamo trascorsa al Novotel di Dakar, una struttura decisamente moderna e quasi fuori luogo considerando gli stralci di periferia che si possono notare mentre ci si sposta dall'aeroporto Léopold Sedar Senghor fino all'hotel, a bordo di un "bus" navetta d'altri tempi che - probabilmente è stata solo una sensazione dettata dalla stanchezza - ogni tanto procede a fanali spenti, con le sole luci di posizione mentre scivola nel buio della notte. Mi ha invece un po' inquietato il momento dell'ispezione prima di entrare nella proprietà dell'hotel, come se il rischio di manomissioni o di clandestini fosse elevato. Anche perché, fino a quel momento, la maggior parte delle mie paure e paranoie erano legate a dinamiche di natura sanitaria, sia per potenziali rischi dovuti all'alimentazione che per potenziali rischi infettivi, merito anche delle consulenze effettuate presso l'ospedale in sede di vaccinazioni. Col sennò di poi, mi vien da pensare che gli avvertimenti e le precauzioni fossero un po' eccessive, considerando come è andata e dove son stato, anche se rimane pur vero che di rischi ce ne sono. 
Ad ogni modo, trascorsa ben una notte nella capitale, il mattino seguente siamo partiti alla volta di Saly, propaggine di Mbour, verso l'hotel Royam dove ho soggiornato per 10 giorni: la struttura non è male (ne ho lasciato anche un discreto commento su tripadvisor) ma ha i suoi limiti. Soprattutto se non ci si sta da turisti ma da lavoratori che alle 8 partono e alle 18.45/19 rientrano, stanchi, e che quindi lo vivono praticamente come un b&b. Tutto sommato il cibo è discreto e sufficientemente vario, c'è un minimo di animazione, ogni giorno lasciano due bottigliette d'acqua a disposizione degli ospiti e la pulizia risulta abbastanza garantita. A patto di non osservare, come nel mio caso, sotto la scrivania (sotto al letto non ho guardato e sono convinto che fosse immacolato) o di non pretendere che lo sciacquone del water funzionasse senza intoppi. Che sarebbe stato gradito soprattutto in orari notturni. In ogni caso, la mia era una camera standard e, considerando il fatto di esser in Africa, credo che di più non si potesse pretendere dal Royam.






Questo lo dico alla luce di quello che è il paesaggio ammirato ogni giorno, nella spola Saly - Diass, dove si trova l'AIBD (Airport International Blaise Diagne). Per lo più i pochi paesetti - Sindia, Nguekhokhe - che si intervallano a paesaggi deserti, sembrano abbastanza poveri e approssimativi, con strade di sabbia ed edifici non sempre ben definiti o sicuri o la cui costruzione può dirsi ultimata. Si respira aria di precarietà e di semplicità. Così come, osservando i rifiuti abbandonati nei campi o i veicoli che sistematicamente si fermano lungo la strada, si intuisce che manca una certa consapevolezza culturale tale per cui le persone stesse vogliano e pretendano un futuro differente o, quanto meno, abbiano coscienza del presente e di ciò che porteranno certi comportamenti. Molto probabilmente una delle conseguenze della dominazione europea ma anche un lato del carattere dei senegalesi che sembrano accontentarsi del presente e di soddisfare bisogni primari. Sono molti i bimbetti e le persone che stanno in strada, a giocare, a parlare, a cercare di vender qualcosa nei numerosi "esercizi" commerciali presenti; il che fa meglio comprendere come mai tanti immigrati, qui in Italia, si dedichino al commercio ambulante e non. E' qualcosa di insito nella loro indole, almeno a quanto ho potuto osservare dal "taxi" o nei pochi contatti avuti con i locali. Gente che ti si avvicina e cerca di capire da dove vieni, in che lingua parlarti e come ottenere qualche spicciolo o tramite mancia o vendendoti prodotti. Qualcuno, lungo la spiaggia, ci prova anche con frasi del tipo "Italiani-Senegal, stessa faccia, stessa razza" oppure "Gli italiani sono gli africani dell'Europa", esternazioni che ti lasciano stupito e che ammiccano, dal loro punto di vista, alla possibilità di fraternizzare e aiutarsi vicendevolmente. Quello stesso slancio che dimostrano, tra loro, nel prender per mano un bambino sconosciuto e accompagnarlo all'uscita dell'aereo se vedono che la loro mamma è in difficoltà con i bagagli o con altri marmocchi, lo stesso spirito di collaborazione che hanno nello scaricare bagagli altrui e passarselo di mano in mano, cosa che se succede tra italiani dopo 2 secondi 2 c'è già qualcuno che grida "Al ladro!" o "Sta rapendo mio figlio!" o spara sulla folla per rappresaglia. In fondo siamo latini, passionali, che ci possiamo fare ^_^







Un atteggiamento diverso quindi, e forse è in base a questo che dovrei osservare ed eventualmente esprimere considerazioni sul loro modo di vivere o sulle loro cittadine. Anche se, al contempo, stride un po' il notare come i senegalesi abbiano dalla loro fisicità e possibilità di vivere in condizioni migliori, ma sembrano non volerle cogliere. Si accontentano di investire in gadget per l'auto, in cellulari e acconciature. Incoerenze che si possono notare anche nella presenza di negozi Samsung che vendono televisori stile cinema poco distanti da catapecchie e mercati all'aperto in cui scorazzano persone e animali quali capre o asinelli.
Oltre a tutto ciò, il paesaggio regala anche validi scorci paesaggistici, con praterie in cui torreggiano poderosi baobab, deserti di sabbia rossiccia oppure spiagge tropicali che regalano inquadrature da cartolina. Tra l'altro, piccola parentesi, almeno l'ultimo giorno son riuscito a mettere i piedi nell'Oceano Atlantico e a godermi il sole per qualche ora :-)
Già, perché era la domenica libera anche per i lavoratori della Summa-Limak che si stanno occupando di ultimare l'AIBD, tutt'altra cosa rispetto a quello di Dakar, decisamente più bello, moderno e funzionale (anche rispetto a svariati aeroporti nazionali in cui son stato a lavorare, vorrei dire). Una sorta di cattedrale nel deserto considerando dove è stato costruito ma che son sicuro saprà dare una spinta all'economia del Paese e portare investimenti esteri in Senegal. Anche perché, da quel che ho capito, di turismo ce ne sarebbe, anche se sempre meno rispetto al passato...e forse pure per il fatto che non c'è la sensazione di rinnovamento o di investimento. Qualcosa che si nota anche nelle strutture stesse degli hotel o nelle carcasse di ciò che è rimasto sul lungo mare dopo qualche mareggiata (parlo di edifici, camminamenti, chioschi...non fraintendetemi!). Se solo ci pensassero, per dire, potrebbero fare un lungomare ciclabile o pedonabile per camminate romantiche anche di sera nel quale collocare qualche punto di ristoro o spazio per esibizioni di artisti locali, creando opportunità di lavoro e di svago. Ma tutto ciò immagino non avverrà da un lato per problema di mentalità, dall'altro di capitali da investire. E forse anche per effettivo interesse del turista tipico che si reca in posti del genere e che staziona nei resort. Un turismo apparentemente composto per lo più da popolazioni europee, con francesi in testa che, probabilmente, ancora vedono il Senegal come una loro colonia. Difficile dar loro torto considerando anche la lingua stessa con cui gli abitanti si esprimono sia nel parlato che nello scritto.
Nel complesso comunque l'esperienza non è stata negativa seppur sfaccettata. Certo, qualche inghippo c'è stato (probabilmente a causa degli sbalzi di temperatura o di qualche cibo che avrei dovuto evitare), ma niente di eccessivo. D'altra parte, di giorno c'erano tranquillamente 35-37 gradi, se non di più, mentre alla sera queste calavano di almeno un 10 gradi, complice un venticello che movimentava l'aria. E in ogni caso molto meglio del quadro generale che mi avevano prospettato in ospedale, al momento delle vaccinazioni: col senno di poi potevo risparmiarmi certi investimenti e certe scelte di vestiario. Almeno, mi son evitato la chemioprofilassi antimalarica :-P
Mi spiace piuttosto di non aver avuto l'occasione di conoscere più da vicino il Paese, esplorandolo o approfondendo la cultura o i paesi locali, ma il tempo non c'è stato. Nemmeno per Dakar, che tutto sommato poteva risultare interessante e più simile alle nostre grandi città. Immagino comunque che non credo sarebbe nemmeno stato banale fare il turista, visto appunto lo scoglio della lingua: non parlo francese e, da quanto sentito, l'inglese non è così noto e masticato dagli indigeni. Come per altro accade anche in Francia.
Di certo è stata un'esperienza diversa a quelle cui sono abituato. Anche, banalmente, le dinamiche di imbarco e controllo in aeroporto sembrano diverse da quelle che abitualmente osserviamo in UE dove, tutto sommato, avvengono per tutti e con le medesime modalità.
Non so se avrò occasione di ritornarci ma, per il momento, questo è quanto :-) 








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