sabato 3 giugno 2017

American sniper

Titolo: American sniper
Regia: Clint Eastwood
Anno: 2014
Genere: guerra, azione
Cast: Bradley Cooper, Sienna Miller, Jake McDorman, Luke Grimes, Navid Negahban

La trama in breve:
Chris Kyle, texano cavalca tori e non manca un bersaglio, ha deciso di mettere il suo dono al servizio degli Stati Uniti, fiaccati dagli attentati alle sedi diplomatiche in Kenia e in Tanzania. Arruolatosi nel 1999 nelle forze speciali dei Navy Seal, Kyle ha stoffa e determinazione per riuscire e ottenere l'abilitazione. Perché come gli diceva suo padre da bambino lui è nato 'pastore di gregge', votato alla tutela dei più deboli contro i lupi famelici. Operativo dal 2003, parte per l'Iraq e diventa in sei anni, 1000 giorni e quattro turni una leggenda a colpi di fucile. Un colpo, un uomo. Centosessanta uomini abbattuti (e certificati) dopo, Chris Kyle torna a casa, dalla moglie, dai bambini e dai reduci, a cui adesso guarda le spalle dai fantasmi della guerra del Golfo. Una dedizione che gli sarà fatale. (mymovies)

Il mio commento:
In questo periodo di soggiorno al Royam, puntata numero due per quanto riguarda la mia permanenza in Senegal, sto cercando di recuperare la visione di alcuni film che avevo in programma di guardarmi da tempo. 
L'altra sera è stato il turno di American Sniper, firmato Clint Eastwood, regista che offre sempre prodotti interessanti e visioni non banali. Nello specifico di questo film in questione si tratta di una pellicola biografica volta a omaggiare un eroe americano e, al contempo, a incensare il ruolo dei soldati statunitensi nell'ambito della sacra missione della pace nel mondo ottenuta attraverso guerre e morti ammazzati. All'estero.
Forse, ecco, son partito un po' prevenuto nei confronti di questo film ma la visione ha fondamentalmente confermato questo mio sospetto. Ora, mi spiace per la dipartita del protagonista però, al contempo, non so se il film gli abbia reso effettivamente onore o meno. Da quel che ho percepito io è emerso un ritratto di uomo piuttosto stereotipato che pone dinnanzi a tutto lo spirito patrio e la dedizione nel servire il Paese, in secondo piano affetti e famiglia. Uno che, insomma, non si fa tanto scrupolo a insozzarsi le mani e poi, con le stesse, accarezzare i propri figli. Tant'è che non c'è nemmeno molto spazio, nella pellicola, per altri parenti ad eccezione del fratello, della moglie e dei figli. Amici? Genitori? Cugini? Nessuno...
Per carità, non sto dicendo che non abbia compiuto il suo dovere di militare, dico semplicemente che a tratti è stato rappresentato come uno sorta di rambo a cui ispirarsi, deciso e implacabile più che realmente umano. Salvo poi cedere quando sono i propri cari e amici a mancare. E se consideriamo che sulla coscienza ha 255 persone senza contare le responsabilità in azioni che hanno portato al sacrificio di vari civili pur di stanare il nemico...
Ad ogni modo, non ho poi ben compreso come mai abbiano voluto insistere nel voler costruire una sorta di guerra personale tra l'american sniper Kyle e un presunto cecchino nemico (siriano) visto che, da quel che ho letto qua e là, il colpo eccezionale sparato da due km di distanza era rivolto a un altro militante che stava per lanciare una granata a un convoglio statunitense e che questo duello a chi spara da più lontano pare non esserci mai stato. Boh...esigenze sceniche, mi sa, per creare tensione e partecipazione o, quanto meno, dare un peso "personale" alla volontà di andare in guerra nonostante la moglie gnocca che lo aspetta a casa e di cui non si sa manco che lavoro faccia. La brava donna statunitense aspetta a casa, al massimo sta in pensiero, e si lascia ingravidare quando il marito torna. 



Piuttosto, e sinceramente pensavo che il punto focale del film fosse questo, mi ha dato molto ma molto da pensare l'assoluta tranquillità con cui il nostro - e il narratore - abbiano convissuto con le prime due vittime di "guerra": una donna e un bambino. Scena che per altro sta nel trailer, ricca di pathos e dalle drammatiche implicazioni, e che a me ha fatto star "male" al solo pensiero di immagina di dover scegliere che fare in una situazione simile... Oltretutto per quanto mi riguarda era anche un po' sbilanciata: da un lato un plotone di trenta soldati armati e con un mezzo blindato, dall'altro lato un bimbo e sua madre usciti di casa. Attorno, il nulla. 
Ora, posso capire che ad eccezione dei Seals gli altri militari statunitensi fossero impreparati ma, caspita, non c'è nessuno di vedetta o con un binocolo?
Oppure, sparargli alle gambe ai due civili (con granata, per carità) non era un'opzione altrettanto sensata? Soprattutto considerando i dubbi sulla presenza o meno di un eventuale ordigno e la tenera età del pericoloso "terrorista" a cui è stata distrutta la città e dilaniata l'esistenza? 
Ecco, tutto ciò mi ha un po' lasciato perplesso e forse ha pregiudicato la mia fruizione del film. Mi è sembrato che non ci fosse alcun contrasto, alcun dubbio, alcuna immedesimazione. Al più, le uniche problematiche sono state sollevate dalla moglie di Kyle, un po' in crisi e in apprensione per il marito. 
Ecco, visto che ne si parla, ho invece apprezzato la rappresentazione del dramma e delle conseguenze dell'esperienza di guerra su chi l'ha vissuta in primis, e che trova difficile reintegrarsi o fare i conti con la propria umanità. Un aspetto che, immagino, sia ancora sottovalutato e che, anche dall'epilogo, continua a mietere vittime.




Nel complesso comunque il film risulta ben realizzato, deciso, solido, in stile Eastwood. Non mi ha annoiato, non ha avuto momenti morti e, al contempo, ha proposto anche sequenze intense, come la battaglia/fuga nel corso della tempesta di sabbia del finale, dove Kyle perde il fucile (che poi è un rimando a una scena iniziale, agli insegnamenti del padre) ormai pronto a tornare a casa in quanto ha compiuto il proprio dovere (accoppare Mustafa?). Però, ecco, probabilmente mi aspettavo qualcosa di diverso. Probabilmente visto con gli occhi degli statunitensi il film acquista tutt'altro sapore mentre, da parte mia, risulta ancora difficile accettare l'idea di vedere in quella rappresentata una vera e propria guerra, semmai un'ingerenza in territorio altrui. Al contempo va reso merito a Eastwood di aver proposto al pubblico uno spaccato di una guerra recente, argomenti di cui comunque non è mai facile parlare o fornire una rappresentazione senza il filtro della propria ideologia e visione del mondo.

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